Acqua tiepida sotto un ponte rosso
Akai hashi no shita no nurui mizu
2001
Paesi
Giappone, Francia
Generi
Commedia, Drammatico, Fantasy
Durata
119 min.
Formati
Colore, Bianco e Nero
Regista
Shōhei Imamura
Attori
Kōji Yakusho
Misa Shimizu
Mitsuko Baishō
Mansaku Fuwa
Isao Natsuyagi
Sposato con una donna avida e insofferente, l'architetto Yosuke (Kōji Yakusho) conduce a Tokyo una vita ordinaria e priva di sorprese. Rimasto disoccupato, si reca in un remoto villaggio di pescatori per mettersi alla ricerca di un tesoro che, stando alle indicazioni del defunto vagabondo Taro (Kazuo Kitamura), dovrebbe essere nascosto in una casa nei pressi di un ponte rosso. Qui Yosuke si innamorerà di una giovane donna (Misa Shimizu) dotata di una qualità piuttosto singolare. Giunto alla soglia dei settantacinque anni, Imamura adatta un romanzo di Yo Henmi e dirige una bizzarra favola sentimentale in cui torna a riflettere ancora una volta sul rapporto conflittuale dell'uomo moderno con le proprie pulsioni naturali. Lontano più che mai dalla veemenza impetuosa delle opere della giovinezza, Imamura semplifica radicalmente il suo stile (ora piano e lineare, improntato a un realismo magico e libero da qualsiasi orpello barocco) e sfoltisce, senza rinnegarla, la sua poetica originaria, in nome di una visione delle cose quanto mai limpida ed essenziale. È allora nelle parole del vecchio Taro che improvvisamente trova posto il gioioso testamento morale di un regista fino alla fine provocatorio e fieramente anticonformista: nella vita non bisogna preoccuparsi che di due sole cose veramente importanti, il cibo e soprattutto il sesso. È in questo contesto che prende forma l'ultima grande figura femminile del cinema di Imamura, una dea della vita e della fertilità sfuggente e impalpabile, capace di guarire l'uomo, attraverso la sua rigogliosa sessualità, dalle secchezze della vita moderna. Sospeso tra sogno e realtà, disseminato di (troppe) metafore e simbolismi, e percorso da una vena svagata e lievemente surreale, il lungometraggio conclusivo di Imamura si affaccia con sentimento naif sul nuovo millennio, e si chiude con una risata bonaria e sorniona, mentre fa improvvisamente capolino un coloratissimo arcobaleno: forse lo stesso che dodici anni prima era stato tanto invocato nel doloroso finale di Pioggia nera (1989). Presentato in concorso al Festival di Cannes 2001. Imperfetto e un po' prolisso, ma chi ama il cinema giapponese (e quello di Imamura, in particolare) non potrà che emozionarsi.
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