In una banda criminale, il boss John Sarto (Edward G. Robinson) deve vedersela con Jack Buck (Humphrey Bogart) che sembra aver preso il comando della gang. Convinto dalla sua fidanzata Florence (Ann Sothern) a cercare un dialogo con l'avversario, John rimarrà gravemente ferito dallo scontro e verrà curato in un convento di frati dove, poco alla volta, inizia a meditare su un cambiamento di vita. Dopo aver condotto in maniera alternata una carriera tra pellicole drammatiche e gioiose commedie (soprattutto musical), Lloyd Bacon prova ora a mescolare i due generi dando vita a un prodotto curioso e potenzialmente interessante che però, a conti fatti, non convince del tutto. Il vendicatore, infatti, rimane costantemente a cavallo tra tensioni cupe e venature più comiche, nato con lo scopo di portare avanti parallelamente le due correnti e intrecciarle tra loro di tanto in tanto (caratteristica che si può notare sin da una veloce lettura della trama). I presupposti per divertire il pubblico ironizzando sulla malavita ci sono tutti (la conversione, o presunta tale, in convento), così come sono altrettanto evidenti i momenti di serietà e denuncia (la rivalità violenta tra i due protagonisti). Bacon però proprio su questo binomio finisce per scivolare: come se avesse paura di esporsi, dirige con mano neutrale e poco mordente. Le due tendenze procedono simultaneamente senza che l'una prenda mai troppo il sopravvento, rinunciando così a sbilanciamenti che forse avrebbero reso l'insieme meno preciso o calcolato, ma sicuramente più umano. Il film infatti, a lungo andare diventa monotono e soprattutto prevedibile (anche per via di alcune scelte narrative frettolose e scontate). Nella gara tra i due interpreti ha la meglio Robinson. Uscì nelle sale italiane con ben dieci anni di ritardo, nel 1950.