La bella attrice e cortigiana Garance (Arletty) è contesa da ben quattro ammiratori: un conte ricchissimo (Louis Salou), un attore classico (Pierre Brasseur), un bandito gentiluomo e omosessuale (Marcel Herraud) e, infine, un timido e dolce mimo (Jean-Louis Barrault). Con tutti, in modi e tempi diversi, instaurerà una relazione.

Ambientato nella Parigi del XIX° secolo, un grande melodramma che ha fatto la storia del cinema francese, ispirato a I misteri di Parigi di Eugène Sue (pubblicato a puntate tra il 1842 e il 1843) ma non manca qualche reminiscenza da L'opera a tre soldi di Bertolt Brecht. Con un respiro da romanzo ottocentesco, è un'opera torrenziale (190 minuti) che mette a confronto arte e vita, la parola (i dialoghi e i monologhi sono continui) e il silenzio (il mimo interpretato magnificamente da Barrault, vero personaggio chiave di tutta la storia): il contrasto principale, però, è quello tra la pantomima e il Grand Guignol, due forme di teatro che partono da presupposti opposti e si rivolgono a un pubblico completamente diverso, per estrazione sociale e culturale. Arrivati alla loro sesta collaborazione, Carné e Prévert danno vita a uno struggente affresco sentimentale, colossale per numero di comparse e ricostruzione storica e valorizzato da una serie di battute senza tempo («Je suis pas une belle femme, je suis une femme vivante», non sono una bella donna, sono una donna viva: esplicita Garance). Le parole, forse per la prima volta nel cinema di Carné, contano più delle immagini, pronunciate da attori (perfetti) che recitano con un'enfasi da palcoscenico, accompagnati da una struttura esplicitamente teatrale richiamata dalla presenza del sipario. Diviso in due parti Le boulevard du crime e L'homme blanc, il film ha subito un trattamento oltraggioso da parte della distribuzione italiana: le versioni che circolano nel nostro paese sono comunemente inferiori alle due ore. Chi si trova davanti tali versioni vedrà semplicemente un buon film; chi avrà la possibilità di scoprire quella integrale assisterà a una pellicola immortale. Dai francesi venne definito il loro miglior film sonoro in assoluto. Le riprese iniziarono nell'agosto del 1943 e terminarono pochi giorni prima dello sbarco in Normandia, in mezzo a problemi e rinvii di ogni sorta. Il musicista Joseph Kosma e lo scenografo Alexander Trauner, ebrei ungheresi, per collaborare al film furono costretti a utilizzare degli pseudonimi. Il titolo originale (Les enfants du paradis) fa riferimento agli spettatori del loggione, i più lontani dal palcoscenico, i più vicini al Paradiso.
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