
L'amore probabilmente
Durata
107
Formato
Regista
Sofia (Sonia Bergamasco) frequenta un corso di recitazione, in cui a farle da modello ci sono tre attrici: Mariangela Melato, Stefania Sandrelli e Alida Valli, che le insegnano rispettivamente la menzogna, la verità e il modo in cui questi due aspetti confluiscono e dialogano nell'istante della creazione artistica. Gli studi di Sofia irrompono di prepotenza sul suo quotidiano e nelle sue relazioni interpersonali.
Giuseppe Bertolucci, a partire da una tavolozza forse fin troppo ricca di colori e possibilità espressive, firma questo ondivago, claudicante e affascinante film corale in cui si riflette sul binomio arte-vita ricorrendo a immagini molto spesso interlocutorie e in divenire. Un'opera chiaramente aperta, un testo spalancato alla riflessione e dunque per forza di cose problematico, tendente più al porre domande che al dare risposte e dunque ben attento a non trincerarsi dietro una visione univoca delle cose. Gli interrogativi del film e la riflessione sulle immagini che Bertolucci vorrebbe far propria si confondono però fatalmente, fin quasi a scomparire, con irresolutezze varie, con un fastidioso sentore di avanguardia, con voragini di scrittura e altre lacune sparse che ridimensionano non poco la portata di un'operazione tanto originale e pensata quanto pasticciata e frammentaria. Da segnalare l'uso pionieristico del digitale: il film è stato infatti girato con le telecamere Sony PD 100, ma le immagini, nonostante la loro sbandierata povertà e libertà estetica, solo di rado riescono a intercettare la familiarità tra attori e regista che era uno degli obiettivi primari di Bertolucci e una delle ragioni di maggior interesse del suo lavoro.
Giuseppe Bertolucci, a partire da una tavolozza forse fin troppo ricca di colori e possibilità espressive, firma questo ondivago, claudicante e affascinante film corale in cui si riflette sul binomio arte-vita ricorrendo a immagini molto spesso interlocutorie e in divenire. Un'opera chiaramente aperta, un testo spalancato alla riflessione e dunque per forza di cose problematico, tendente più al porre domande che al dare risposte e dunque ben attento a non trincerarsi dietro una visione univoca delle cose. Gli interrogativi del film e la riflessione sulle immagini che Bertolucci vorrebbe far propria si confondono però fatalmente, fin quasi a scomparire, con irresolutezze varie, con un fastidioso sentore di avanguardia, con voragini di scrittura e altre lacune sparse che ridimensionano non poco la portata di un'operazione tanto originale e pensata quanto pasticciata e frammentaria. Da segnalare l'uso pionieristico del digitale: il film è stato infatti girato con le telecamere Sony PD 100, ma le immagini, nonostante la loro sbandierata povertà e libertà estetica, solo di rado riescono a intercettare la familiarità tra attori e regista che era uno degli obiettivi primari di Bertolucci e una delle ragioni di maggior interesse del suo lavoro.