I due cugini Santuzzo (Franco Franchi e Ciccio Ingrassia) sono convinti con l'inganno da un avvocato imbroglione (Gianni Agus) a recarsi in Giappone per riscuotere l'eredità di un loro zio ricco. I due saranno costretti a improvvisarsi samurai e affrontare un trafficante di droga (Silvio Bagolini) e un samurai (Vittorio Congia) che intende vendicarsi con loro delle offese subite dallo zio defunto.

Stanca farsa che ripropone situazioni ampiamente abusate (disguidi linguistici, false eredità che nascondo truffe, situazioni paradossali in cui l'ingenuità dei protagonisti non è un limite ma una risorsa) con poca verve e ancor meno spirito inventivo. Anche il ricorso a numeri musicali di scarsa fattura è testimonianza di un'operazione pensata come ennesima parodia di un genere cinematografico di successo ma priva della necessaria originalità, aggrappata a una comicità fisica e verbale decisamente poco ispirata che non regala quasi mai un sorriso e fa crescere soltanto la noia e l'indifferenza. Anche Franco e Ciccio non sembrano nella loro miglior forma, così come caratteristi del calibro di Mario Carotenuto (nei panni del notaio giapponese) e Gianni Agus sono imbrigliati in macchiette del tutto anonime.
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