Il portiere del Grand Hotel Atlantic di Berlino (Emil Jannings) è un uomo rispettato e amato da clienti e colleghi. Quando la direzione dell'albergo decide di affidargli un altro compito e retrocederlo, per via della sua decrepitezza, a lavorare nei bagni, tutte le certezze dell'uomo vengono meno. Affezionato alla sua mansione e alla sua divisa, l'anziano portiere non riesce a darsi pace e accettare né il nuovo incarico né tutto ciò che ne conseguirà.



F.W. Murnau sfrutta con intelligenza le potenzialità espressive del mezzo cinematografico per raccontare la vicenda di un uomo che ha perso il lavoro che ama, la sua autorevolezza, la fiducia in sé e, progressivamente, il contatto con la realtà. È proprio il reale con cui il protagonista (un intenso e superbo Emil Jannings) è portato a confrontarsi che viene trasfigurato creativamente: attraverso l'uso di movimenti di macchina, carrelli, bizzarre angolazioni delle inquadrature, deformazioni ottiche e un uso fantasioso del montaggio viene messa in scena l'interiorità ferita e umiliata di un personaggio che diventa emblema di un'intera nazione. Il portiere è, infatti, simbolo di una Germania incapace di accettare la propria perdita di prestigio e autorità in seguito alla sconfitta nel primo conflitto mondiale. Amici, parenti, colleghi e perfino sconosciuti disprezzano e isolano l'uomo degradato a inserviente perché in lui vedono una proiezione in carne e ossa delle loro paure, di quelle fragilità e di quel senso di fallimento che nella vita di tutti i giorni cercano di esorcizzare. Anche il lieto fine, all'apparenza posticcio, ha una sua coerenza: Murnau intende dimostrare come attraverso il cinema sia possibile costruire un'alternativa ottimistica, consapevolmente lontana da qualsiasi riscontro nella realtà. Una possibilità di riscatto, quindi, esiste, ma è relegata solo nell'universo della rappresentazione artistica. Il film, se si esclude il cartello esplicativo che introduce la conclusione, è privo di didascalie, rimarcando ulteriormente la totale fiducia del regista tedesco nella potenza della componente visiva e di un'estetica complessa e narrativamente funzionale. Straordinario.
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