Henri Chinaski (Mickey Rourke), nonostante sia uno scrittore di talento, trascorre le sue giornate al bar perennemente ubriaco. Un giorno conosce Wanda (Faye Dunaway), anche lei alcolizzata, con cui avvia una bizzarra e scombussolata relazione.

Il regista Barbet Schroeder, con Francis Ford Coppola in veste di produttore, porta sul grande schermo il caustico e disilluso alter ego dello scrittore Charles Bukowski, protagonista di sue diverse opere e qui al centro di un soggetto originale concepito dallo stesso romanziere (che firma anche la sceneggiatura e compare in un cameo). Quasi totalmente ambientato in interni rozzi e fatiscenti, dove le insegne luminose dei bar si fanno unici “fari” in un mondo pervaso di squallore e fiumi d'alcool, il film è la ballata dolceamara di un lercio e sbronzo antieroe anarchico, costantemente sconnesso eppure non poco lucido sull'ipocrisia del mondo. Non poteva esserci attore più adatto a interpretarlo di Mickey Rourke, straordinariamente aderente al suo personaggio seppur un po' troppo sopra le righe. Il film non raggiunge mai grandi vette, ma è percorso da un'efficace ironia di fondo che alleggerisce il carico di miseria umana che racconta. E poi, la Dunaway è bravissima. Lo script è stato pubblicato come libro già nel 1984, intitolato nell'edizione italiana L'ubriacone (benché il sottotitolo del film sia Moscone da bar). Chinaski è stato interpretato successivamente da Matt Dillon in Factotum di Bent Hamer (2005).
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