Susanna (Monica Guerritore) collabora con un'associazione contro la violenza femminile. Lungo la strada verso la sua tenuta di campagna, assiste a un diverbio tra la giovane prostituta Nadja (Victoria Larchenko) e un uomo e, mossa a compassione, decide di prendersi cura della ragazza insieme al marito (Antonio Catania), non valutando le implicazioni di questa scelta.

Incentrato sull'ipocrisia nascosta dietro un buon gesto fatto da quella che viene reputata “brava gente”, il secondo film di finzione di Ivano De Matteo ha un bersaglio preciso: la generazione degli ex sessantottini trasformata, suo malgrado, in quella la borghesia tanto osteggiata che, per giustificare la propria agiatezza vissuta in maniera colpevole, si cimenta con volontariato e gesti altruistici, validi fino a quando non intaccano le loro sicurezze. Il lungometraggio, però, è fin troppo concentrato sul messaggio, per cui si affida a un impianto narrativo moralista e a personaggi caricaturali che vanificano ogni sforzo: la regia è poco più che televisiva, convinta che bastino inquadrature inusuali e una tematica forte per ottenere una visione autoriale, mentre il risultato è piuttosto misero e finisce presto per diventare anche banale.
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