Incapaci di accordarsi sul nome di un candidato alla Presidenza della Repubblica, i principali partiti fanno votare ai propri deputati il nome di Giuseppe Garibaldi, per poi scoprire che esiste una persona eleggibile (Claudio Bisio) che risponde a questo nome: è il bibliotecario di un paesino di montagna. Una volta conosciuto, cercheranno di convincerlo a dare le dimissioni.

Cavalcando l'onda di un diffuso populismo, il film prova a leggere la corruzione della politica italiana in chiave comica: il risultato, però, è debole e troppo preso dall'accontentare i disillusi alimentando irritazioni e malumori da italiano medio. Prendono così piede sciocche gag slapstick, con personaggi finti e schematici, una struttura narrativa che solleva non pochi interrogativi e sequenze facili e scontate, come gli incontri con i capi di Stato esteri e le loro conseguenze. Lo spirito buonista e moralista alla base del film si unisce agli evidenti problemi di un lungometraggio furbo e inconcludente, diretto in modo scialbo, in cui la storia d'amore serve solo a riempire i buchi di una trama facilona.
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