Carmen (Hideko Takamine) torna a casa dopo esserne fuggita anni prima per raggiungere Tokyo. La sua presenza sconvolge il suo piccolo paese natio di montagna, dove si presenta come un’artista. Il suo lavoro è, in realtà, quello di spogliarellista, e la verità non ci metterà molto a emergere.

Primo film a colori nella storia del cinema giapponese. Oltre a questo primato, è interessante soprattutto per il ruolo di Carmen offerto a Hideko Takamine, regina del melodramma nipponico qui alle prese con un personaggio bizzarro e inconsueto per lei. Vederla ballare e cantare sulle colline è sicuramente una visione più unica che rara, e dimostra di saperci fare anche con interpretazioni che richiedono più divertita sensualità che empatia. Per il resto, la pellicola è una commedia leggera, un poco grossolana, che vuole raccontare senza troppe pretese lo shock culturale tra la campagna e la vita cittadina. Non il risultato migliore di Kinoshita, ma nemmeno un film da buttare, anzi: l’idea alla base funziona e non annoia affatto e le risate sono assicurate. Con un seguito, in bianco e nero, uscito l’anno successivo.
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