Una cerimonia di nozze riunisce sul lago Michigan una cinquantina di persone. Fioccano le situazioni limite e vengono fuori delle sorprendenti e paradossali rivelazioni destinate a minare l'equilibrio, e la facciata perbenista, di un nucleo di uomini e donne abituati a nascondere la propria polvere sotto il tappeto del conformismo.

Una ronda in pieno stile altmaniano, dall'efficacia consolidata nonostante l'accumulo spesso ipertrofico di personaggi e situazioni, ma anche una girandola sulle varie anime dell'America, nevrosi ed esagerazioni multiple incluse. C'è del miracoloso nel modo in cui il regista è in grado di essere graffiante anche quando si assesta piuttosto al di sotto del capolavoro, non riuscendo a evitare che qualche suo pregio flirti in misura comunque contenuta con l'imperfezione e col "troppo di tutto". Dopo Nashville, l'occasione di un matrimonio è un altro pretesto per mettere in immagini il diario di un paese scolpito nelle sue stesse contraddizioni, che non possono fare a meno di rispecchiarsi nel pensiero e nelle posture distorte e discutibili, quando non respingenti, dei ceti sociali. Il paradosso, per Altman, è l'essenza stessa della metafora e non esita, come d'abitudine, a cavalcarlo per evidenziare i sottotesti che più gli sono a cuore.
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