Tutto o niente
All or Nothing
Durata
128
Formato
Regista
Phil (Timothy Spall) e Penny (Lesley Manville) sono due coniugi che vivono nella periferia londinese, tassista lui e cassiera lei, con due figli a carico, tra cui l'intrattabile e aggressivo Rory (James Corden), obeso e sgarbato oltre ogni misura.
Dopo la parentesi in costume di Topsy-Turvy (1999), il regista inglese Mike Leigh torna su ciò che conosce meglio: la Londra delle periferie dimesse e proletarie, in cui vive un'umanità avvizzita e derelitta con tantissimi problemi e rarissime gioie. Un microcosmo negletto e allo sbando in cui le relazioni tra le persone sono viziate da atteggiamenti rivedibili, talvolta perfino animaleschi e disumani, ad appannaggio esclusivo dell'istinto. La provincia di Leigh, messa a fuoco attraverso la lente del disagio familiare e adolescenziale, è una polveriera costantemente sul punto di esplodere, popolata da antieroi falliti e frustrati, e dai toni gravidi di eccessi e di tensioni. Tutti elementi che il regista, da sempre diretto erede del Free Cinema inglese, conosce a menadito, e che riesce a raccontare come pochi altri, con puntuali inserti di grande cinema (il dialogo finale tra Phil e Penny, galvanizzato da un'eccellente progressione attoriale) e con una ruvidezza costante schiaffata contro lo spettatore senza troppe cerimonie. Tutto o niente, però, è anche l'ennesimo ritorno dell'autore sulle stesse atmosfere e tematiche di sempre, che sottolineano la tendenza a indulgere troppo sulle stesse corde e la medesima partitura, nonché l'ostinazione strumentale nel negare ai propri personaggi una qualsivoglia redenzione. Gli attori, in compenso, sono come sempre in stato di grazia, e nobilitano da soli un film il cui meccanismo può qua e là apparire usurato. Molto brava anche Sally Hawkins, alle prese con un ruolo da ragazza disinibita per lei abbastanza insolito.
Dopo la parentesi in costume di Topsy-Turvy (1999), il regista inglese Mike Leigh torna su ciò che conosce meglio: la Londra delle periferie dimesse e proletarie, in cui vive un'umanità avvizzita e derelitta con tantissimi problemi e rarissime gioie. Un microcosmo negletto e allo sbando in cui le relazioni tra le persone sono viziate da atteggiamenti rivedibili, talvolta perfino animaleschi e disumani, ad appannaggio esclusivo dell'istinto. La provincia di Leigh, messa a fuoco attraverso la lente del disagio familiare e adolescenziale, è una polveriera costantemente sul punto di esplodere, popolata da antieroi falliti e frustrati, e dai toni gravidi di eccessi e di tensioni. Tutti elementi che il regista, da sempre diretto erede del Free Cinema inglese, conosce a menadito, e che riesce a raccontare come pochi altri, con puntuali inserti di grande cinema (il dialogo finale tra Phil e Penny, galvanizzato da un'eccellente progressione attoriale) e con una ruvidezza costante schiaffata contro lo spettatore senza troppe cerimonie. Tutto o niente, però, è anche l'ennesimo ritorno dell'autore sulle stesse atmosfere e tematiche di sempre, che sottolineano la tendenza a indulgere troppo sulle stesse corde e la medesima partitura, nonché l'ostinazione strumentale nel negare ai propri personaggi una qualsivoglia redenzione. Gli attori, in compenso, sono come sempre in stato di grazia, e nobilitano da soli un film il cui meccanismo può qua e là apparire usurato. Molto brava anche Sally Hawkins, alle prese con un ruolo da ragazza disinibita per lei abbastanza insolito.