Cloud

Kuraudo

Anno

Paese

Generi

Durata

123

Formato

RyoÌ„suke Yoshii (Masaki Suda) lavora in una piccola fabbrica ma riesce a fare qualche soldo in più come rivenditore di merce online sotto lo pseudonimo di “Ratel”. Muraoka (Masataka Kubota), che gli ha insegnato i trucchi del mestiere quando erano compagni ai tempi del college, gli fa una proposta potenzialmente redditizia, ma lui rifiuta e continua con la sua discutibile attività. Quando gli affari iniziano ad andare meglio del previsto Yoshii molla il lavoro in fabbrica, affitta una casa sul lago fuori cittaÌ€, sia per viverci sia per trafficarci, e inizia una nuova vita con la sua ragazza, Akiko (Kotone Furukawa). Il suo business pare andare a gonfie vele, fincheÌ intorno a lui non iniziano a verificarsi inquietanti episodi uno dopo l’altro, destinati a compromettere definitivamente la tranquilla esistenza di Yoshii.

Kiyoshi Kurosawa, maestro del cinema di genere, ripercorre ancora una volta le atmosfere e i toni del suo tanto amato thriller psicologico con l’ennesima opera della sua carriera nella quale la tensione aleggia come una presenza fantasmagorica in un continuo rimando tra campo e fuori campo, diegesi ed extra diegesi. Questa volta il protagonista è Yoshii, un rivenditore di merce online, un uomo dalla vita modesta, il cui obiettivo è riscattarsi economicamente attraverso il mercato nero dei restock. La sua metodologia di compravendita è, a tutti gli effetti, una truffa ai danni di venditori e acquirenti. Infatti, ben presto, le conseguenze delle sue azioni lo porteranno a dover convivere con una costante ma mai veramente metabolizzata condizione di ansia nei confronti della propria incolumità. In questo senso, Kurosawa è bravo nel gestire l’ossessione del protagonista verso l’ignoto, verso un pericolo che si muove costantemente ai bordi dell’inquadratura. Una minaccia che non si mostra mai o piuttosto con la quale lo stesso protagonista non vorrebbe mai fare i conti. Ma a una buona prima parte del film costruita sul filo invisibile di una tensione crescente non corrisponde un altrettanto interessante epilogo, nel quale, quando i nodi vengono al pettine, le immagini del cinema di Kurosawa perdono completamente di potenza, abbandonando anche quella profondità strutturale data dal gioco di presenza e latenza che ha reso celebre e amato il regista di Cure. E così, invece che dare compimento alle proprie inquietudini primordiali, Cloud sembra piuttosto trascinarsi abbastanza goffamente verso la propria piatta conclusione.
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