
Danton
Danton
Durata
136
Formato
Regista
Primavera 1794. Danton (Gérard Depardieu) torna a Parigi mentre il confronto tra la Convenzione, a lui favorevole, e il Comitato di sicurezza nazionale, in mano a Robespierre (Wojciech Pszoniak), giunge al punto di rottura. Robespierre sa che il popolo è dalla parte di Danton, ma non vuole lasciare che le istanze democratiche e contrarie al Terrore oscurino il suo potere e la sua idea di Rivoluzione. Il confronto degenererà inesorabile.
Per Andrzej Wajda la Rivoluzione è una congiura di palazzo. Attento da sempre all'individuo di fronte alla Storia, tratteggia un ritratto di Danton (uno dei figli prediletti della Rivoluzione francese, e in quanto tale da essa stessa divorato) privo di epos, che si trasforma in un confronto tra idee. La fastosa ricostruzione si concentra quindi sugli arredi, i costumi e gli interni: è un film da camera, per quanto ariosa e affollata, più che da piazza. Danton e Robespierre sono due uomini che ambiscono alla sovrapposizione tra la loro persona e l'idea di Popolo e di Stato, in maniera opposta; ma il popolo, in questo film, non c'è, è massa informe e volubile, ama Danton ma non lo può salvare, così come i suoi compagni fanno presto a tradirlo e a ritrattare al cospetto dell'ombra della ghigliottina. La statura eroica di Danton è quindi affidata alla fisicità di Depardieu e a robuste tirate retoriche, contrapposte alla sinistra, sofferta e raggelata maschera del Robespierre di Pszoniak, personaggio forse più interessante ma che resta enigmatico per lo spettatore. La voce tonante di Danton, simbolicamente, diventa roca e si affievolisce mentre il suo destino si compie: il risultato interessante e incisivo, ma decisamente impegnativo e prolisso. Musiche di Jean Prodromidès; tra i produttori figura Renzo Rossellini.
Per Andrzej Wajda la Rivoluzione è una congiura di palazzo. Attento da sempre all'individuo di fronte alla Storia, tratteggia un ritratto di Danton (uno dei figli prediletti della Rivoluzione francese, e in quanto tale da essa stessa divorato) privo di epos, che si trasforma in un confronto tra idee. La fastosa ricostruzione si concentra quindi sugli arredi, i costumi e gli interni: è un film da camera, per quanto ariosa e affollata, più che da piazza. Danton e Robespierre sono due uomini che ambiscono alla sovrapposizione tra la loro persona e l'idea di Popolo e di Stato, in maniera opposta; ma il popolo, in questo film, non c'è, è massa informe e volubile, ama Danton ma non lo può salvare, così come i suoi compagni fanno presto a tradirlo e a ritrattare al cospetto dell'ombra della ghigliottina. La statura eroica di Danton è quindi affidata alla fisicità di Depardieu e a robuste tirate retoriche, contrapposte alla sinistra, sofferta e raggelata maschera del Robespierre di Pszoniak, personaggio forse più interessante ma che resta enigmatico per lo spettatore. La voce tonante di Danton, simbolicamente, diventa roca e si affievolisce mentre il suo destino si compie: il risultato interessante e incisivo, ma decisamente impegnativo e prolisso. Musiche di Jean Prodromidès; tra i produttori figura Renzo Rossellini.