Gloria (Vittoria Puccini), da anni l'amante dell'accreditato critico d'arte Lulli (Sergio Rubini), incontra a una mostra il promettente scultore Adrian (Riccardo Scamarcio) e tra i due nasce subito una fortissima attrazione. La ragazza decide così di lasciare il mentore e di iniziare una relazione con l'artista, ma dopo qualche tempo le loro vite si incrociano nuovamente.

Rubini prova a offrire uno sguardo dall'interno del mondo dell'arte, di cui il cinema, in fondo, è la settima meraviglia, scegliendo di concentrarsi sull'universo della pittura e della scultura. Ambienta così una storia di vendetta passionale giocata tra le due fazioni amiche-rivali della critica e dell'artista, sostenendo la tesi che, in fondo, la piacevolezza di un lavoro è pur sempre questione di soggettività. Per portare avanti questa teoria non ha paura di infarcire eccessivamente i dialoghi di rimandi letterari: si citano Aristotele e Picasso, con lo snobismo supponente di cui spesso è vittima il regista pugliese. Il (de)merito non è solo di una sceneggiatura pretenziosa e appesantita forzosamente, ma anche degli interpreti: Vittoria Puccini è al limite del ridicolo, mentre Riccardo Scamarcio è decisamente sottotono nei panni stereotipati dell'artista che si svende per il successo. La pellicola scorre, ma non appassiona e il mistero insito nella trama non invoglia a essere svelato.
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