Gabriele (Fabrizio Gifuni) si reca al capezzale del padre Ernesto (Sergio Rubini), le cui ultime parole gli portano alla mente un periodo degli anni Sessanta in cui l'uomo, capostazione con la passione per la pittura, ha provato a sfondare in campo artistico, con il triste risultato di essere sbeffeggiato dal paese. Il piccolo Gabriele (Guido Giaquinto) fatica a capire le frustrazioni del padre e passa il suo tempo dividendosi tra la madre Franca (Valeria Golino) e lo zio Pinuccio (Riccardo Scamarcio).

Rubini racconta una storia dai tratti nostalgici, rievocando le atmosfere di un periodo ormai passato, in cui è ben presente la componente autobiografica definita anche dall'ambientazione pugliese, terra natale dell'regista-attore. Una operazione sicuramente sentita ma dal risultato altalenante, in cui la schiettezza delle emozioni provate dai protagonisti si scontra con parentesi poco incisive e troppo costruite. Rubini non si accontenta e, preso dal portare avanti una “critica alla critica”, ruba troppo spesso la scena, come attore, al piccolo protagonista, sbilanciandosi eccessivamente e perdendo l'equilibrio. Si smarrisce così la visione infantile, che avrebbe potuto dare uno sguardo più incantato e innocente a un argomento sempre attuale come quello della legittimità dell'arte e del suo legittimo riconoscimento. Girato a San Vito dei Normanni, Mesagne, Brindisi, Altamura e altri paesi caratteristici della Puglia. Fotografia di Fabi Cianchetti.
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