
La terra
Durata
112
Formato
Regista
Luigi (Fabrizio Bentivoglio) è un professore in trasferta a Milano proveniente da una famiglia proletaria pugliese. Richiamato a casa dai fratelli per provare a risolvere la questione dell'eredità paterna, scopre come i tre siano legati in qualche maniera al losco Tonino (Sergio Rubini), lo strozzino del paese. Quando questi viene assassinato durante la processione, Luigi prima e la polizia poi sospettano che l'assassino sia uno di loro.
Rubini ambienta nella sua terra pugliese una trama che richiama la letteratura russa, declinandola con una “visione meridionale”. I quattro fratelli, diversi tra loro eppure legati perché sopravvissuti al padre-padrone, ora si trovano collegati inconsapevolmente dall'usuraio-padrone del paese, il viscido e opportunista Tonino. Si respira un'aria di malinconia nel corso dell'opera, ma anche la consapevolezza che, come affermato ne Il Gattopardo, bisogna «cambiare tutto perché niente cambi»: il progresso non resta ai margini della vita del paese pugliese, eppure la tradizione non viene mai messa in discussione, anche quando fa rima con mafia. Fabrizio Bentivoglio offre un'interpretazione forte, definendo un personaggio dalle sfaccettature interessanti, costantemente scisso tra le radici campagnole e il desiderio di emancipazione e riscatto sociale che il trasferimento al nord incarna. Un po' troppo ambiziosa, però, l'idea di Rubini di immergere tutta la vicenda in un mood thriller decisamente forzato, mentre la scelta dei paesaggi pugliesi, di per sé incantevoli, rischia spesso di scadere in un effetto cartolina promozionale.
Rubini ambienta nella sua terra pugliese una trama che richiama la letteratura russa, declinandola con una “visione meridionale”. I quattro fratelli, diversi tra loro eppure legati perché sopravvissuti al padre-padrone, ora si trovano collegati inconsapevolmente dall'usuraio-padrone del paese, il viscido e opportunista Tonino. Si respira un'aria di malinconia nel corso dell'opera, ma anche la consapevolezza che, come affermato ne Il Gattopardo, bisogna «cambiare tutto perché niente cambi»: il progresso non resta ai margini della vita del paese pugliese, eppure la tradizione non viene mai messa in discussione, anche quando fa rima con mafia. Fabrizio Bentivoglio offre un'interpretazione forte, definendo un personaggio dalle sfaccettature interessanti, costantemente scisso tra le radici campagnole e il desiderio di emancipazione e riscatto sociale che il trasferimento al nord incarna. Un po' troppo ambiziosa, però, l'idea di Rubini di immergere tutta la vicenda in un mood thriller decisamente forzato, mentre la scelta dei paesaggi pugliesi, di per sé incantevoli, rischia spesso di scadere in un effetto cartolina promozionale.