Danimarca, anni '70. Erik (Ulrich Thomsen), docente di architettura, e la moglie Anna (Trine Dyrholm), conduttrice del telegiornale, decidono di istituire una comune nella dimora fuori Copenaghen che hanno appena ereditato. L'eterogeneo gruppo di coinquilini convive dimostrando entusiasmo e solidarietà fino a quando Erik non porta in casa la bella Emma (Helene Reingaard Neumann), una studentessa per cui ha perso la testa...



A un anno di distanza dal dramma sentimentale di cassetta Via dalla pazza folla (2015), Thomas Vinterberg torna a girare in patria realizzando un ambizioso dramma ambientato durante un periodo molto delicato dal punto di vista storico-culturale. Partendo da un quadro d'insieme sulla condizione immediatamente post sessantottina, il regista danese, sulla base della sua esperienza autobiografica, si concentra su un microcosmo che diventa lo specchio dei valori e dell'identità di una generazione, capace di dimostrarsi libera e solidale forse solo quando le cose sembrano andare nel verso giusto. Dopo una partenza spigliata in cui vengono presentati i membri della comune, sorta di riunione di famiglia sui generis, la narrazione pone l'attenzione sulla disgregazione delle certezze individuali, concentrandosi sulla necessità di un cambiamento radicale nei rapporti interpersonali troppo schiavi di un ideale di libertà che rischia di diventare una gabbia omologante. Ma la ricerca di autenticità dei personaggi stride con lo sguardo fasullo del regista danese che, mettendosi in una posizione di superiorità, ricrea dinamiche interne a volte troppo forzate: quello di Vinterberg è un cinema d'autore che ammicca allo spettatore, respingendolo e accarezzandolo allo stesso tempo, in cui alle scelte più facili (gli inserti da commedia, l'uso retorico della musica, la banale messa in scena del tradimento) si affiancano intuizioni di statura ben più elevata (la simbolica morte del bambino, l'astrazione nell'analisi metastorica, la tensione drammatica). Un film che si muove su un crinale rischioso, incerto ma (quasi) sempre coerente con se stesso. Notevole interpretazione di Trine Dyrholm, meritatamente premiata come miglior attrice al Festival di Berlino 2016.
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