Copkiller (L'assassino dei poliziotti)
Durata
117
Formato
Regista
Nella New York degli anni Settanta, un misterioso assassino ha ucciso sei poliziotti della narcotici. Le indagini sono affidate a Fred O'Connor (Harvey Keitel), un tenente rude e violento che, da tempo, ha una relazione con un collega, Bob (Leonard Mann), in un appartamento segreto. Quando Leo (John Smith), un ereditiere mentalmente disturbato, bussa alla loro porta e dichiara di essere lui il maniaco omicida, Fred lo sequestra, ma la situazione presto degenera.
Per il suo quinto lungometraggio, Faenza pensa in grande e cerca la via del successo internazionale: non si limita all'ambientazione americana, ma si avvale anche di ottimi collaboratori e di un variegato cast a stelle e strisce. Il protagonista è interpretato dal sempre persuasivo Harvey Keitel, affiancato da Leonard Mann e da un convincente John Lyndon, meglio noto come Johnny Rotten, ex leader del gruppo punk dei Sex Pistols. Ma l'ambizione di confrontarsi con il ruvido cinema poliziesco d'oltreoceano sfocia in un risultato finale tra l'imbarazzante e il pecoreccio, a fronte di una scrittura a dir poco superficiale (imperdonabile per una vicenda così spinosa). I personaggi non acquistano mai spessore, e la narrazione propone solo un carosello di stereotipi che fanno il verso ai modelli originali del thriller urbano (il poliziotto corrotto, la giornalista curiosa, lo psicopatico). Regia inetta, incapace di restituire il minimo senso di mistero e suspense.
Per il suo quinto lungometraggio, Faenza pensa in grande e cerca la via del successo internazionale: non si limita all'ambientazione americana, ma si avvale anche di ottimi collaboratori e di un variegato cast a stelle e strisce. Il protagonista è interpretato dal sempre persuasivo Harvey Keitel, affiancato da Leonard Mann e da un convincente John Lyndon, meglio noto come Johnny Rotten, ex leader del gruppo punk dei Sex Pistols. Ma l'ambizione di confrontarsi con il ruvido cinema poliziesco d'oltreoceano sfocia in un risultato finale tra l'imbarazzante e il pecoreccio, a fronte di una scrittura a dir poco superficiale (imperdonabile per una vicenda così spinosa). I personaggi non acquistano mai spessore, e la narrazione propone solo un carosello di stereotipi che fanno il verso ai modelli originali del thriller urbano (il poliziotto corrotto, la giornalista curiosa, lo psicopatico). Regia inetta, incapace di restituire il minimo senso di mistero e suspense.