L'estrema rinuncia

Nella Francia occupata dalle forze naziste, un convento di suore presta soccorso ai partigiani e ai bisognosi. Un giorno, un pilota statunitense (Ray Milland) a cui sono affidati documenti importantissimi vi si rifugia e una novizia (Barbara Britton) lo aiuta anche a costo di mettere a repentaglio la propria stessa vita.

Insistendo nuovamente sul genere melodrammatico ma corredandolo di elementi storici ulteriori, Frank Borzage riesce a mettere in piedi al meglio delle sue possibilità una pellicola potenzialmente molto sbilanciata sul versante dell'enfasi e delle sottolineature didascaliche. L'estrema rinuncia è, infatti, un film concepito e ambientato durante la Seconda guerra mondiale, dunque molto propenso a essere sfruttato per una campagna propagandistica contro il nemico tedesco, come già altre parentesi della filmografia di Borzage. Non che questo alone non si respiri, ma il cineasta lo limita e lo smussa al meglio concentrando i propri sforzi nel raccontare la forza dell'amore (in senso lato) come migliore arma per difendersi dagli orrori bellici. Una morale che ad alcuni potrà sembrare telefonata ma che nel tessuto concreto del film non lo è, perché Borzage è abilissimo nel rendere concreti e tangibili concetti generali e astratti, facendoli vivere nella carne del suo film e dei suoi personaggi. Va ammirato, come sempre, il modo in cui il regista riesce a estrapolare il meglio del meglio dal suo cast, lasciando interagire gli attori con un'alchimia efficace e invidiabile. In Italia il film trovò il buio delle sale solamente tre anni dopo la sua realizzazione.