L'ambizioso Bonifacio (Sady Rebbot) è annoiato dalla routine che il lavoro d'azienda rappresenta, e decide di ribellarsi al sistema, ispirato dall'idealismo anarchico di alcuni amici.

Controverso esordio alla regia del milanese Giovanni “Tinto” Brass, che debutta con un imperfetto film di para-inchiesta giovanile che gli procurò non pochi problemi con la censura dell'epoca. Riuscito a uscire nelle sale nella versione cui il regista aveva originariamente pensato (con la sola variazione del titolo, inizialmente In capo al mondo), il film, che ha in Venezia epicentro importante, è ardito e sperimentale, si garantisce scelte narrative e di montaggio libere e indaga, in maniera provocatoria, su una società in trasformazione che da un lato non trascura i difficili e impegnativi retaggi del passato – fascismo e dopoguerra – e dall'altro abbraccia le nuove istanze anarchiche e ideologiche fondamentali nella costruzione del personaggio principale, cinque anni prima degli smottamenti sessantottini. Tinto Brass appare in un cameo come paparazzo.
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