La grande città
Mahanagar
Durata
131
Formato
Regista
A Calcutta la giovane sposa Arati (Madhabi Mukherjee), moglie dell'impiegato di banca Subrata (Anil Chatterjee), per far fronte alle difficoltà economiche della famiglia decide di lavorare. Dovrà combattere contro i pregiudizi e la volontà degli uomini di casa.
In questo delicato dramma familiare Ray trasferisce l'ambientazione dagli scenari rurali della Trilogia di Apu alla città di Calcutta. Della grande città del titolo il film osserva sobborghi e periferie, concentrando l'attenzione su un nucleo familiare della piccola borghesia gravato da una pesante contingenza finanziaria. Pur essendo focalizzato sul personaggio centrale di Arati, rispetto ad alcuni grandi ritratti femminili che Ray negli anni successivi avrebbe realizzato qui emerge una maggiore coralità e ogni membro della famiglia è caratterizzato in modo approfondito. La splendida Madhabi Mukherjee, che con Ray un anno dopo avrebbe realizzato un'opera maestosa come Charulata (1964), offre una prova più che convincente, nella sua pudica ma risoluta compostezza. Qualche prolissità e una narrazione in qualche frangente troppo compassata non impediscono al film di raggiungere un buonissimo risultato complessivo, anche grazie all'apporto cruciale della magnifica fotografia di Subrata Mitra. Regia di grande eleganza, sobrietà ed efficacia, premiata a Berlino con l'Orso d'argento.
In questo delicato dramma familiare Ray trasferisce l'ambientazione dagli scenari rurali della Trilogia di Apu alla città di Calcutta. Della grande città del titolo il film osserva sobborghi e periferie, concentrando l'attenzione su un nucleo familiare della piccola borghesia gravato da una pesante contingenza finanziaria. Pur essendo focalizzato sul personaggio centrale di Arati, rispetto ad alcuni grandi ritratti femminili che Ray negli anni successivi avrebbe realizzato qui emerge una maggiore coralità e ogni membro della famiglia è caratterizzato in modo approfondito. La splendida Madhabi Mukherjee, che con Ray un anno dopo avrebbe realizzato un'opera maestosa come Charulata (1964), offre una prova più che convincente, nella sua pudica ma risoluta compostezza. Qualche prolissità e una narrazione in qualche frangente troppo compassata non impediscono al film di raggiungere un buonissimo risultato complessivo, anche grazie all'apporto cruciale della magnifica fotografia di Subrata Mitra. Regia di grande eleganza, sobrietà ed efficacia, premiata a Berlino con l'Orso d'argento.