Lo straniero

Agantuk

Anno

Paese

Generi

Durata

120

Formato

Regista

La vita di una famiglia dell'alta borghesia indiana è sconvolta dall'improvviso arrivo di un ospite inatteso: un anziano signore che sostiene di essere uno zio, lontano dalla famiglia da 35 anni (Utpal Dutt). Molte sono le sorprese sulla sua identità che renderanno memorabile la permanenza.

Ultima opera di Satyajit Ray e ideale suo testamento, è tratto da un racconto da lui scritto anni prima. Costruito in modo semplice ma con raffinato controllo stilistico, chiude l'ultima fase della produzione del regista, in cui alla pregnanza dell'immagine si sostituisce sempre più il ricorso alla parola e uno studio approfondito dei caratteri umani. Nel personaggio dello zio Manomohan Mitra, Ray condensa molti aspetti essenziali della sua formazione intellettuale e della sua visione del mondo: la curiosità e l'insaziabile voglia di conoscere, l'interesse per la cultura occidentale, il rifiuto tanto del tradizionalismo quanto dell'adesione acritica verso presunti modelli di progresso, l'amore per i bambini, il piacere del racconto. Da sottolineare la totale assenza di colonna sonora, elemento a cui (per Ray) si deve ricorrere sempre con grande parsimonia, senza che questa diventi un facile strumento nelle mani del regista per enfatizzare il tono di una sequenza. L'innegabile staticità e verbosità della pellicola è compensata quindi da altri motivi di interesse, che lo rendono comunque importante nella ricca filmografia del suo autore.
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