Back Door to Hell
Back Door to Hell
Durata
75
Formato
Regista
Durante la Seconda guerra mondiale, un commando di tre uomini dell'esercito statunitense sbarca nelle Filippine per acquisire informazioni sulle strategie dei giapponesi. Collaborando con le forze di resistenza locale, i tre tentano di conquistare il controllo di una stazione radio, essenziale per le comunicazioni nemiche.
Film bellico girato dall'indipendente Monte Hellman a costi contenuti negli autentici scenari di guerra delle Filippine. Aspetto preponderante della costruzione narrativa è il tentativo, solo in parte riuscito, di alimentare la tensione lungo l'intero arco della missione dei tre militari americani. Tra i giapponesi da combattere come nemici ufficiali e l'ostilità delle milizie di resistenza filippine da vincere, Hellman inserisce i suoi compatrioti, non senza adombrare una vena polemica verso le contraddizioni della presenza militare americana nello scacchiere geopolitico asiatico. In quest'ottica va collocato l'amaro e pessimista finale, non privo di una fugace concessione alla retorica celebrativa dei caduti in battaglia. Negli evidenti limiti legati alla spartana contingenza produttiva, la buona prova del quasi esordiente Jack Nicholson e il sentore di verità che trasuda dalle location si segnalano come i due unici punti a favore del film. Artigianale e senza fronzoli la regia, in cui si percepisce solo in nuce la specificità stilistica che Hellman esprimerà negli anni successivi.
Film bellico girato dall'indipendente Monte Hellman a costi contenuti negli autentici scenari di guerra delle Filippine. Aspetto preponderante della costruzione narrativa è il tentativo, solo in parte riuscito, di alimentare la tensione lungo l'intero arco della missione dei tre militari americani. Tra i giapponesi da combattere come nemici ufficiali e l'ostilità delle milizie di resistenza filippine da vincere, Hellman inserisce i suoi compatrioti, non senza adombrare una vena polemica verso le contraddizioni della presenza militare americana nello scacchiere geopolitico asiatico. In quest'ottica va collocato l'amaro e pessimista finale, non privo di una fugace concessione alla retorica celebrativa dei caduti in battaglia. Negli evidenti limiti legati alla spartana contingenza produttiva, la buona prova del quasi esordiente Jack Nicholson e il sentore di verità che trasuda dalle location si segnalano come i due unici punti a favore del film. Artigianale e senza fronzoli la regia, in cui si percepisce solo in nuce la specificità stilistica che Hellman esprimerà negli anni successivi.