Il peccato – Il furore di Michelangelo
Il Peccato
Durata
133
Formato
Regista
Vita del genio Michelangelo Buonarroti (Alberto Testone). Siamo nella Firenze degli inizi del XVI secolo e, nonostante il grande talento e la sua creatività definita un dono divino, l'artista è ridotto in miseria e impoverito dalla sua sfida di portare a termine il soffitto della Cappella Sistina.
Il regista e sceneggiatore russo Andrej KonÄalovskij si cimenta con una co-produzione con l’Italia per raccontare, più che l’estasi creativa, il furore prossimo alla dannazione di uno dei più grandi geni del Rinascimento. La messa in scena del navigato cineasta è di indubbio pregio e la componente fotografico-pittorica delle immagini e l’attenzione a scenografie e costumi denota una qualità certosina nella ricerca di contrasti e tagli di luce, ma purtroppo, accanto a questa rifinita cura formale, ci sono da registrare, come contrappeso invalidante, una scrittura e una recitazione approssimative e quasi da telenovela, che affossano il prodotto e lo portano in più di un’occasione a sfiorare il baratro del ridicolo involontario. Risulta evidente il proposito di affrontare “gli odori raffinati e i fetori insopportabili del Rinascimento”, per dirla con le parole dell’architetto Antonio Forcellino, oltre alla cupidigia michelangiolesca (“Dove ci sono soldi c’è sempre infamia”), ma la ricostruzione biografica delle vicende della “canaglia divina”, così come Michelangelo viene definito, finisce col risultare terribilmente artificiosa dall’inizio alla fine, tra pretestuose persecuzioni demoniache e apparizioni dantesche, tra una Roma ostaggio di “sacerdoti, pellegrini e prostitute” e una Firenze contrassegnata invece da uno sforzo figurativo quasi sempre artificioso. Piccola parte per Orso Maria Guerrini, noto per essere stato “il baffo” della pubblicità della Birra Moretti, nei panni del Marchese Malaspina.
Il regista e sceneggiatore russo Andrej KonÄalovskij si cimenta con una co-produzione con l’Italia per raccontare, più che l’estasi creativa, il furore prossimo alla dannazione di uno dei più grandi geni del Rinascimento. La messa in scena del navigato cineasta è di indubbio pregio e la componente fotografico-pittorica delle immagini e l’attenzione a scenografie e costumi denota una qualità certosina nella ricerca di contrasti e tagli di luce, ma purtroppo, accanto a questa rifinita cura formale, ci sono da registrare, come contrappeso invalidante, una scrittura e una recitazione approssimative e quasi da telenovela, che affossano il prodotto e lo portano in più di un’occasione a sfiorare il baratro del ridicolo involontario. Risulta evidente il proposito di affrontare “gli odori raffinati e i fetori insopportabili del Rinascimento”, per dirla con le parole dell’architetto Antonio Forcellino, oltre alla cupidigia michelangiolesca (“Dove ci sono soldi c’è sempre infamia”), ma la ricostruzione biografica delle vicende della “canaglia divina”, così come Michelangelo viene definito, finisce col risultare terribilmente artificiosa dall’inizio alla fine, tra pretestuose persecuzioni demoniache e apparizioni dantesche, tra una Roma ostaggio di “sacerdoti, pellegrini e prostitute” e una Firenze contrassegnata invece da uno sforzo figurativo quasi sempre artificioso. Piccola parte per Orso Maria Guerrini, noto per essere stato “il baffo” della pubblicità della Birra Moretti, nei panni del Marchese Malaspina.