Wittgenstein
Wittgenstein
Durata
72
Formato
Regista
Fin dalla tenera età, Ludwig Wittgenstein (Karl Johnson) non manca di manifestare la straordinarietà delle sue doti intellettuali fuori dal comune. Entra in contatto con due mostri sacri come Bertrand Russell (Michael Cough) e Keynes (John Quentin), mal sopporta l'asfittico mondo universitario che ruota intorno a Cambridge e si dedica anima e corpo alla logica, i cui studi confluiranno nel Tractatus logico-philosophicus.
La biografia e le teorie filosofiche di un grande pensatore del Novecento secondo Derek Jarman: una rivisitazione folle, liberissima, di grandissimo impatto, in grado di lavorare in modo eccellente sul surreale, imbastendo una messa in scena che somiglia a una via di mezzo tra uno spettacolo teatrale straniato e un incubo, in cui lo sfondo delle immagini è sempre nero e non presenta mai alcun contrassegno cromatico. Il dispositivo brechtiano che Jarman fa proprio genera un'opera intellettuale e cerebrale ma mai involuta, che riesce a dar voce a Wittgenstein in un tripudio di macabra ironia e trovate continue e sorprendenti (si pensi, in particolare, a Mr. Green, marziano che, a causa della sua natura aliena, sfugge alla mappatura logico geometrica che il pensatore austriaco aveva applicato alla terra). I toni oscillano tra il colloquiale e il fittizio, tra l'ironico e il tragico, tra il grottesco e la farsa, demitizzando la figura del filosofo austriaco e restituendone allo stesso tempo tutta la problematicità e modernità, i dissidi familiari profondi, i tormenti, le nevrosi. Le scene incentrate sulle lezioni sono scritte meravigliosamente e hanno sia il dono della sintesi che quello della chiarezza esplicativa. Un biopic stilizzato ma anche uno dei film più densi e visionari del regista britannico, che osa prospettive azzardate e mette in luce come meglio non si potrebbe l'irresistibile ritrosia di Wittgenstein («Parlare con persone intelligenti equivale a prostituire la mia mente»).
La biografia e le teorie filosofiche di un grande pensatore del Novecento secondo Derek Jarman: una rivisitazione folle, liberissima, di grandissimo impatto, in grado di lavorare in modo eccellente sul surreale, imbastendo una messa in scena che somiglia a una via di mezzo tra uno spettacolo teatrale straniato e un incubo, in cui lo sfondo delle immagini è sempre nero e non presenta mai alcun contrassegno cromatico. Il dispositivo brechtiano che Jarman fa proprio genera un'opera intellettuale e cerebrale ma mai involuta, che riesce a dar voce a Wittgenstein in un tripudio di macabra ironia e trovate continue e sorprendenti (si pensi, in particolare, a Mr. Green, marziano che, a causa della sua natura aliena, sfugge alla mappatura logico geometrica che il pensatore austriaco aveva applicato alla terra). I toni oscillano tra il colloquiale e il fittizio, tra l'ironico e il tragico, tra il grottesco e la farsa, demitizzando la figura del filosofo austriaco e restituendone allo stesso tempo tutta la problematicità e modernità, i dissidi familiari profondi, i tormenti, le nevrosi. Le scene incentrate sulle lezioni sono scritte meravigliosamente e hanno sia il dono della sintesi che quello della chiarezza esplicativa. Un biopic stilizzato ma anche uno dei film più densi e visionari del regista britannico, che osa prospettive azzardate e mette in luce come meglio non si potrebbe l'irresistibile ritrosia di Wittgenstein («Parlare con persone intelligenti equivale a prostituire la mia mente»).