Kinetta
Kinetta
Durata
95
Formato
Regista
Una cameriera (Evangelia Randou), un poliziotto ossessionato dalle auto (Aris Servetalis) e un commesso (Aris Servetalis) si filmano mentre inscenano delle sequenze di violenza.
Kinetta, opera seconda di Yorgos Lanthimos, è l'esempio lampante di un cinema, quello greco, crudo e diretto: un film che rappresenta tre esistenze (non) come tante, vuote e senza obiettivi nella vita. Lanthimos segue i suoi personaggi incessantemente con la camera a mano, creando un'ambigua inquietudine e delineando pian piano la psicologia dei personaggi: peccato, però, che il risultato sia spesso autocompiaciuto e non troppo incisivo. L'atmosfera è opprimente, quasi disturbante, supportata dalla fotografia e dalle ambientazioni, ma non è sufficiente a riempire i troppi spazi vuoti lasciati tra un dialogo e l'altro. Nonostante sia già presente un'idea di cinema personale, Kinetta non possiede la forza espressiva dei due film successivi del regista (Dogtooth del 2008 e Alps del 2011) e quello che ne consegue è una pellicola artefatta e priva del fascino che avrebbe potuto avere. Anche se la messa in scena della violenza, concetto autoriale primario perseguito da Lanthimos nel corso della carriera, colpisce a tratti nel segno.
Kinetta, opera seconda di Yorgos Lanthimos, è l'esempio lampante di un cinema, quello greco, crudo e diretto: un film che rappresenta tre esistenze (non) come tante, vuote e senza obiettivi nella vita. Lanthimos segue i suoi personaggi incessantemente con la camera a mano, creando un'ambigua inquietudine e delineando pian piano la psicologia dei personaggi: peccato, però, che il risultato sia spesso autocompiaciuto e non troppo incisivo. L'atmosfera è opprimente, quasi disturbante, supportata dalla fotografia e dalle ambientazioni, ma non è sufficiente a riempire i troppi spazi vuoti lasciati tra un dialogo e l'altro. Nonostante sia già presente un'idea di cinema personale, Kinetta non possiede la forza espressiva dei due film successivi del regista (Dogtooth del 2008 e Alps del 2011) e quello che ne consegue è una pellicola artefatta e priva del fascino che avrebbe potuto avere. Anche se la messa in scena della violenza, concetto autoriale primario perseguito da Lanthimos nel corso della carriera, colpisce a tratti nel segno.