Povere creature!
Poor Things
Premi Principali
Leone d'oro alla Mostra del Cinema di Venezia 2023
Oscar alla miglior attrice protagonista 2024
Golden Globe alla miglior attrice in un film commedia o musicale 2024
Durata
141
Formato
Regista
Adattando l'omonimo romanzo (1992) dello scrittore e artista visivo scozzese Alasdair Gray, precedentemente intitolato in Italia dapprima Poveracci! e successivamente Vita e misteri della prima donna medico d'Inghilterra, Yorgos Lanthimos ha dato vita a una fiaba gotica che, come accade nel testo letterario d'origine, non nasconde i riferimenti a Mary Shelley, sparigliando le carte del canonico racconto di formazione con una sorta di Frankenstein al femminile. La parabola di Belle, tra educazione sentimentale e presa di coscienza individuale, segue una traiettoria fin troppo rigida, ma l'evoluzione del suo punto di vista è uno degli aspetti più accattivanti del film, soprattutto quando si trova ancora a ragionare, letteralmente, con la testa di una bambina. La donna, oggetto di possesso e manipolazione sia fisica (da parte del dottore) sia mentale (da parte dell'avvocato), è costantemente costretta a difendere la propria autonomia di pensiero, in un mondo ai limiti della surreale distopia, dove la volontà di possesso dell'uomo assume tratti animaleschi. Lanthimos gioca tutte le sue carte all'insegna di un formalismo esasperante e spesso puramente autoreferenziale, ma le zampate vincenti non mancano. Il legittimo desiderio di evasione, uguaglianza ed emancipazione della protagonista si concretizza in un'avventura dalle location visivamente strabilianti e la figura del Dr. Godwin Baxter vale da sola la visione del film, ma il regista greco non riesce a portare fino alle estreme conseguenze la sua volontà di destabilizzare e portare fuori dalla sua abituale confort zone lo spettatore. Il registro è sempre quello giusto e i tanti momenti di grottesco umorismo funzionano senza riserve, ma le dinamiche che si susseguono, quasi sempre duplicate in maniera ridondante per fissarle in un rigido quadro d'insieme al limite del didascalismo, fanno perdere brio a un film a cui avrebbe giovato non poco una maggiore libertà artistica. Eccellenti la fotografia (Robbie Ryan), le scenografie (Shona Heath, James Price) e i costumi (Holly Waddington). Vincitore del Leone d'oro alla Mostra del Cinema di Venezia e di 4 premi Oscar, tra cui quello per la miglior attrice protagonista a Emma Stone.