Maria Callas (Fanny Ardant), dopo una fallimentare tournée in Giappone e consapevole del declino della sua splendida voce, viene convinta da un impresario (Jeremy Irons) a girare un film-opera in playback ispirato a Carmen, che non ha mai cantato sulle scene.

Zeffirelli, le voleva bene, e molto. Èd è a causa di questo amore soffocante e fraterno che Callas Forever vacilla a pochi minuti dall'avvio. La colpa non è soltanto dei soliti stoicismi del cinema di Franco Zeffirelli, che qui si ripresentano regolarmente (autocompiacimento, estetismo ridondante, spiccata vocazione al mélo), ma dell'ossessione del regista nei confronti della sua amata amica e musa ispiratrice. Il genio Callas, forse, avrebbe meritato un autore meno timoroso e meno nostalgico; peccato, perché Zeffirelli riesce a incidere nei momenti più opportuni – la sequenza di Un bel dì vedremo è toccante e realmente dolorosa – e la Ardant è una protagonista intensa e in parte. Il problema maggiore si lega soprattutto a una sceneggiatura risibile e reinventata (firmata dal regista e Martin Sherman), a dialoghi goffi e a una vaga atmosfera d'obsolescenza che si respira nel corso del film. Callas forever? Come opera filmica, forse no.
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