Paterson (Adam Driver) è un autista di autobus di una città del New Jersey che porta il suo stesso nome. Trascorre giorni scanditi da una routine semplice e monotona: si reca al lavoro, ha una relazione stabile con l’amata Laura (Golshifteh Farahani), porta a passeggio il cane e si concede una birra a fine giornata. Ma non è tutto, perché Paterson dentro di sé coltiva una vera e propria passione per la poesia.

Da sempre interessato a indagare storie di vita anonime e marginali, Jim Jarmusch si conferma un regista in grado di trattare tematiche alte con uno stile (apparentemente) semplice. Essenziale e fin minimalista, Paterson è un “film zen”, in cui ogni inquadratura, ogni parola, ogni suono porta con sé un carico di significati di notevole spessore: se da un lato la pedante routine del protagonista (un Adam Driver perfettamente in parte) viene amplificata dalla riflessione numerologica che contamina il film in tutti i suoi minuti (le coppie di gemelli, l'omonimia con la città), dall'altro la voglia di un riscatto e di un'azione fuori contesto costituiscono il vero cuore pulsante dell'opera così come della vita del protagonista (significativi in questo senso il contrasto con la moglie Laura, sempre intraprendente e capace di infinite fantasie nonostante i limiti cromatici che la caratterizzano, o le azioni incoscienti del cane Marvin). La poesia, diegeticamente parlando, ma l'arte più in generale, sembra essere la soluzione suggerita dall'autore per superare un simile ostacolo. E di arte, effettivamente, il film si nutre costantemente, tra richiami cinematografici (la presenza di nuovo insieme di Jared Gilman e Jara Hayward, protagonisti di Moonrise Kingdom di Wes Anderson), musicali (efficace il cameo di Method Man nella lavanderia) e letterari (da Dante a William Carlos Williams, passando per Petrarca). Così, proprio quando l'incoscienza e la genuinità dell'istinto animale mandano in frantumi ogni schema, è solo da una nuova pagina bianca che si deve ricominciare, convinti e fiduciosi che il meglio debba ancora arrivare, invece di arenarsi in inutili lamentele ripetitive prima di ogni turno di lavoro. In perfetta continuità con il precedente film del regista Solo gli amanti sopravvivono (2013), Paterson è un lungometraggio ipnotico, quasi un mantra messo in immagini, capace di attingere alla tavolozza dei registri per spostarsi repentinamente dal dramma alla commedia, dalla malinconia delle poesie ai divertenti siparietti con protagonista il cane Marvin. Un film che segue la logica del sonetto, ma a cui non interessa fare rime perfette, poiché spesso la perfezione toglie paradossalmente poesia al senso completo della composizione. Presentato in concorso al Festival di Cannes 2016.


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