Stranger Than Paradise
Stranger Than Paradise
Durata
89
Formato
Regista
Bela, detto Willie (John Lurie), è costretto a badare per qualche giorno a sua cugina Eva (Eszter Balint), appena arrivata in America dall’Ungheria. Dopo un anno passato senza vedersi, i due partono insieme a un amico (Richard Edson) alla volta della Florida per una vacanza.
Diviso in tre capitoli (Un nuovo mondo, Un anno dopo e Paradiso), è il film che evidenziò l'originalità e l'estro del cinema di Jim Jarmusch, diventando a suo tempo un piccolo caso. In Stranger Than Paradise c'è moltissimo dello spirito proverbiale del regista, destinato a diventare iconico e riconoscibile come pochi altri autori suoi contemporanei, grazie a film come Daunbailò (1986), Dead Man (1995) e Coffee and Cigarettes (2003). Il rifiuto di qualsiasi sensazionalismo drammatico e narrativo si sposa infatti a meraviglia con l'indolenza grigia e ironica dei suoi personaggi, uno degli aspetti che contraddistingue la mano di Jim Jarmusch. La critica lo ha sempre definito minimalista, ed è impossibile negarlo, ma ciò che rende Jarmusch davvero unico è il suo modo di sposare le forme dei grandi generi americani negandone però l'epica, a vantaggio di un approccio assolutamente personale e riconoscibile (si veda anche la scelta delle continue dissolvenze a nero, che dividono i tanti sketch di cui il film è composto). È una pellicola sulla difficoltà dell’integrazione, su un’America rappresentata con toni grigi e alienanti, che ricorda proprio l’est Europa da cui arrivano Eva e Bela, con quest’ultimo che però si sforza in tutti i modi di negare le sue origini e sentirsi statunitense a tutti gli effetti (guarda il football, si ciba di “Tv-Dinner”, nega la somiglianza tra Cleveland e Budapest). Una piccola folgorazione, che ricorda lo stile e i personaggi della beat generation e il manifesto cinematografico del movimento Pull My Daisy (1959), oltre che l’esistenzialismo di Antonioni, il teatro dell’assurdo di Beckett e l’essenzialità di Ozu (due dei cavalli da corsa su cui scommettono i protagonisti si chiamano Tokyo Story e Late Spring, come i due capolavori del maestro giapponese). Vincitore del Pardo d’oro al Festival di Locarno e del titolo di miglior opera prima al Festival di Cannes.