Stazione Termini
Durata
90
Formato
Regista
Roma. La statunitense Mary Forbes (Jennifer Jones), madre, coniugata e benestante, si innamora, ricambiata, di Giovanni Doria (Montgomery Clift), giovane italo-americano. Il rapporto è però messo in crisi dalle convenzioni sociali, che spingeranno la donna a una decisione definitiva.
Dramma sentimentale diretto da Vittorio De Sica, che tenta una contaminazione tra verismo italiano e grandeur americana: sceneggiatura di Cesare Zavattini (da un suo soggetto originale), Luigi Chiarini e Giorgio Prosperi, collaborazione (scarsa, in verità) di Truman Capote ai dialoghi, produzione di David O. Selznick (magnate nonché marito della protagonista Jennifer Jones). Il risultato è un retorico melò incentrato sull'adulterio e sulla sotterranea lotta di classe (occasione per denunciare le ipocrisie borghesi), che mira all'esaltazione della crisi coscienziale destinata a risolversi (ça va sans dire) con il ritorno all'ordine moralmente prestabilito. Confusione imperante e prove attoriali assai poco incisive (totalmente spaesato Montgomery Clift), anche se alcune caratterizzazioni (la varia umanità che ruota intorno a Termini) sembrano abbandonare la superficie e virare a punte neorealiste. Un'occasione mancata: De Sica, in ogni caso, padroneggia lo stile con notevole abilità, grazie soprattutto alla splendida fotografia di G. R. Aldo. Particine per Paolo Stoppa (un viaggiatore), Mammo Carotenuto (un ladro) e Gigi Reder (lo sposo); musiche di Alessandro Cicognini.
Dramma sentimentale diretto da Vittorio De Sica, che tenta una contaminazione tra verismo italiano e grandeur americana: sceneggiatura di Cesare Zavattini (da un suo soggetto originale), Luigi Chiarini e Giorgio Prosperi, collaborazione (scarsa, in verità) di Truman Capote ai dialoghi, produzione di David O. Selznick (magnate nonché marito della protagonista Jennifer Jones). Il risultato è un retorico melò incentrato sull'adulterio e sulla sotterranea lotta di classe (occasione per denunciare le ipocrisie borghesi), che mira all'esaltazione della crisi coscienziale destinata a risolversi (ça va sans dire) con il ritorno all'ordine moralmente prestabilito. Confusione imperante e prove attoriali assai poco incisive (totalmente spaesato Montgomery Clift), anche se alcune caratterizzazioni (la varia umanità che ruota intorno a Termini) sembrano abbandonare la superficie e virare a punte neorealiste. Un'occasione mancata: De Sica, in ogni caso, padroneggia lo stile con notevole abilità, grazie soprattutto alla splendida fotografia di G. R. Aldo. Particine per Paolo Stoppa (un viaggiatore), Mammo Carotenuto (un ladro) e Gigi Reder (lo sposo); musiche di Alessandro Cicognini.