Cristi (Dragos Bucur) è un giovane poliziotto in una cittadina romena. Il suo compito è quello di seguire alcuni ragazzi, consumatori di marijuana e presunti spacciatori, ma Cristi capisce presto che i giovani consumano solo qualche spinello e si chiede se è il caso di procedere a un arresto che rovinerebbe la vita di un adolescente.

Al suo secondo lungometraggio dopo A Est di Bucarest (2006), Corneliu Porumboiu conferma il suo gusto per l'interrogativo morale unito alla capacità di restare alla larga dal moralismo. Police, adjective racconta una piccola storia, quasi un'inezia, che nella sua insignificanza diventa un grimaldello che scava nella coscienza del protagonista e arriva a mettere in discussione la sua stessa professione di fronte alle sproporzioni tra la legge scritta e il buon senso. L'occhio è ironico e umanista, e certo la discussione lessicale che chiude il film è uno dei momenti più riusciti; a livello di messa in scena, invece, il regista sceglie in maniera piuttosto radicale di dilatare i tempi, come per amplificare il processo interiore del protagonista. Ma i pedinamenti, l'andirivieni nei corridoi, i pasti notturni in una cucina vuota alla lunga sono più limiti che punti di forza di un'opera che, con un ritmo diverso o una storia più complessa, avrebbe potuto risultare assai migliore. Un'occasione sprecata.
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