Sei alunni di una scuola alberghiera, selezionati come migliori del loro corso, sono premiati con la possibilità di poter servire a una cena di gala ricchi borghesi, a metà tra la nobiltà decaduta e la società segreta, tutti intenti a celebrare una donna molto anziana (da cui il titolo) a capo di una multinazionale. Il ragazzo più sensibile del gruppo, Libenzio (Marco Esposito), il cui nome (portatore di libagioni) sembra predestinarlo alla carriera di cameriere, non regge allo squallore e al decadimento dell'ambiente.

Curiosa opera di Olmi che si fa apprezzare soprattutto per l'incursione nel grottesco, cifra stilistica troppo spesso trascurata dai cineasti nostrani. Accusato ingiustamente di abbondare in citazioni di Fellini, è in realtà un racconto iperbolico (ma basato su fatti non del tutto inventati, secondo la didascalia iniziale) più vicino a certe vicende fantozziane, ma con l'inserimento dei caratteri “ingenui” dei ragazzi (soprattutto il protagonista) che amplificano ancor più la distorsione della società ritratta a cena. Un film interessante e sottovalutato, che esaspera gli spunti presenti in molte pellicole del regista con il coraggio di costruirvi intorno una pellicola a tratti ostica ma gustosa per lo spettatore ben disposto. Credibile, ma non memorabile, il cast che si muove con insistita (e volontaria) goffaggine sulle musiche settecentesche di Telemann.
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