Una giovane disturbata e instabile a livello mentale, Livia (Elsa Zylberstein), è l'erede di un patrimonio cospicuo. I suoi familiari però non ci stanno e le mettono alle calcagna un killer diabetico e altrettanto psicologicamente deviato (Bernard Giraudeau). L'unione delle due sociopatie causerà però risultati del tutto inaspettati.

Curiosa operazione del sempre spiazzante e non facilmente inquadrabile Ruiz, che stavolta incentra tutto il suo film su una pazzia tanto deliberata quanto ingiustificata, motore primario dell'opera e sua grottesca, delirante colonna portante. Non c'è nulla di canonico o facilmente assimilabile nella pellicola, tutto è sopra le righe, fuori di testa, oltraggioso e scriteriato, in un gioco al rialzo che alla lunga ha però il fiato corto dell'eccentricità ad ogni costo, mancando qualsiasi bersaglio e facendo leva su una violenza completamente stonata per un'operazione che sulla carta vorrebbe avere pretese meno alimentari. Un Ruiz mediocre e dimenticabile, quasi un sottoprodotto underground per palati eccentrici, che si salva però grazie al vitalismo e al divertimento col quale mette in piedi la sua ronda di massacri. Godibile, a tratti interessante, ma globalmente pretestuoso.
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