
I misteri di Lisbona
Mistérios de Lisboa
Durata
272
Formato
Regista
Un viaggio attraverso l'Europa e non solo, che si consuma intorno a paesi come Portogallo, Italia, Francia e Brasile e vede il coinvolgimento di molteplici personaggi e individui misteriosi, alle prese con altrettante innumerevoli avventure.
L'apice del cinema di Ruiz, una maestosa opera fluviale della durata di oltre quattro ore che travolge lo spettatore agendo sottotraccia, a partire dall'adattamento di un romanzo ottocentesco dello scrittore Camilo Castelo Blanco, nume tutelare del regista portoghese Manoel De Oliveira e importante punto di riferimento per la letteratura del suo paese. Sotto la guida del benemerito produttore Paulo Branco, uomo di cinema da sempre attento a operazioni di eccezionale libertà espressiva e audacia, il regista cileno firma un affresco generoso e multiforme, proustiano e infinitamente denso di sfumature. Un film lungo un romanzo, pieno di umori, deviazioni, frangenti cangianti, dispersioni, incursioni sapienti e avvolgenti affabulazioni. Un mare magnum in cui il cinema di Ruiz respira a pieni polmoni e ci restituisce un'avvolgente densità di sguardo, che non si limita al cospetto di nulla e lavora sulle atmosfere, sulla concretezza del gesto filmico e dell'atto di creazione cinematografica, destreggiandosi come meglio non si potrebbe in mezzo a una miriade di personaggi e situazioni. Eccezionale variazione sul tema, per così dire, del “format” televisivo del feuilleton a puntate, è un lavoro che si spinge un po' più là gli standardizzati confini del cinema contemporaneo, indicando la via maestra ma trovandosi fatalmente solo e disperso, destinato, probabilmente a causa della sua stessa grandezza e del suo medesimo coraggio, a non avere né emuli né eredi significativi e degni (esattamente come Ruiz stesso). Epico, misterioso, caleidoscopico, pervaso da una magia rara e da un'infinita serie di emozioni e simboli rilevanti: una pellicola grandiosa, con momenti di pura meraviglia, a cavallo, ça va sans dire, tra tempo perduto e reminiscenza. Da applausi anche il comparto tecnico, forte della ricostruzione d'epoca della scenografa Isabel Branco e della fotografia strepitosa di Andre Szankowski.
L'apice del cinema di Ruiz, una maestosa opera fluviale della durata di oltre quattro ore che travolge lo spettatore agendo sottotraccia, a partire dall'adattamento di un romanzo ottocentesco dello scrittore Camilo Castelo Blanco, nume tutelare del regista portoghese Manoel De Oliveira e importante punto di riferimento per la letteratura del suo paese. Sotto la guida del benemerito produttore Paulo Branco, uomo di cinema da sempre attento a operazioni di eccezionale libertà espressiva e audacia, il regista cileno firma un affresco generoso e multiforme, proustiano e infinitamente denso di sfumature. Un film lungo un romanzo, pieno di umori, deviazioni, frangenti cangianti, dispersioni, incursioni sapienti e avvolgenti affabulazioni. Un mare magnum in cui il cinema di Ruiz respira a pieni polmoni e ci restituisce un'avvolgente densità di sguardo, che non si limita al cospetto di nulla e lavora sulle atmosfere, sulla concretezza del gesto filmico e dell'atto di creazione cinematografica, destreggiandosi come meglio non si potrebbe in mezzo a una miriade di personaggi e situazioni. Eccezionale variazione sul tema, per così dire, del “format” televisivo del feuilleton a puntate, è un lavoro che si spinge un po' più là gli standardizzati confini del cinema contemporaneo, indicando la via maestra ma trovandosi fatalmente solo e disperso, destinato, probabilmente a causa della sua stessa grandezza e del suo medesimo coraggio, a non avere né emuli né eredi significativi e degni (esattamente come Ruiz stesso). Epico, misterioso, caleidoscopico, pervaso da una magia rara e da un'infinita serie di emozioni e simboli rilevanti: una pellicola grandiosa, con momenti di pura meraviglia, a cavallo, ça va sans dire, tra tempo perduto e reminiscenza. Da applausi anche il comparto tecnico, forte della ricostruzione d'epoca della scenografa Isabel Branco e della fotografia strepitosa di Andre Szankowski.