1876. Il detective McParlan (Richard Harris) viene incaricato di indagare su una serie di sabotaggi e violenze in una miniera di carbone in Pennsylvania. Inseritosi nel contesto, vince le diffidenze del leader dei minatori Jack Kehoe (Sean Connery), infiltrandosi nell'organizzazione dei Molly Maguires, un gruppo passato alla lotta violenta contro i padroni delle miniere per rivendicare maggiori diritti e migliori condizioni di lavoro. L'uomo trova amicizia e amore, ma sarà costretto a fare una scelta. Epico e dall'insolita (e potentissima, grazie anche alla fotografia di James Wong Howe) ambientazione, I cospiratori è un dramma che mette il protagonista di fronte a durissime scelte morali e insieme un grande affresco realista, in cui echeggiano le pagine di un capolavoro come Germinale di Émile Zola. McParlan, come lo spettatore, si trova a partecipare alla difficoltà e durezza della vita dei minatori, parteggiando per le loro istanze, e insieme a dover condannare la violenza delle loro ritorsioni, che non si fermano neanche di fronte all'omicidio. Sean Connery giganteggia in un ruolo che ne esalta il carisma proletario, la carica eroica e insieme la capacità di esprimere dubbi, ambiguità, solidarietà, affetto e riluttanza di fronte alla violenza. Martin Ritt, oltre a confermarsi ottimo nella direzione degli attori e nel costruire regie in grado di esaltare la qualità della scrittura, dimostra talento visivo e maestria, a cominciare dalla lunga sequenza iniziale nella miniera (descrittiva e priva di dialoghi), per non dimenticare la scena della partita di rugby, in cui esplode nei personaggi il vitalismo represso e annientato dalla miniera. Scritto da Walter Bernstein; musiche di Henry Mancini. Candidato a un Oscar per le scenografie.