Amici miei – Atto III°
Durata
110
Formato
Regista
Il conte Mascetti (Ugo Tognazzi), ormai senza un soldo e in sedia a rotelle, viene accompagnato dagli amici in casa di riposo, dove, dopo l'iniziale diffidenza, scopre un nuovo luogo in cui mettere in atto le sue supercazzole e le sue zingarate. Melandri (Gastone Moschin), che soffre l'avanzare dell'età e la solitudine, decide così di stare anche lui dentro l'ospizio e, a poco a poco, anche gli altri li raggiungono.
Dopo aver firmato il seguito del monicelliano I soliti ignoti (1958), Nanni Loy coglie il testimone passato dal regista fiorentino anche per la saga di Amici miei, dirigendo il terzo capitolo. Ormai Mascetti, Melandri, Sassaroli e Necchi hanno passato la sessantina e affrontano la vecchiaia ognuno a modo suo: c'è chi non si rassegna, chi la subisce, chi trae il giovamento dei propri successi e chi non vede l'ora di raggiungerla, eppure non rinunciano alle loro zingarate. Il risultato è, da un punto di vista registico, soddisfacente, ma la sceneggiatura non è all'altezza delle precedenti, nonostante sia scritta dagli stessi autori: alcuni scherzi funzionano e divertono, più per il merito dei personaggi che non per il gioco in sé, ma il problema si riscontra soprattutto nella struttura poco organica e pretestuosa. Si percepisce una stanchezza diffusa, data non tanto dalla tematica sull'anzianità, ma da un'ispirazione molto flebile, in cui manca lo spirito ironico e corrosivo dei lavori di Monicelli. Il risultato è comunque abbastanza piacevole, a costo di non avere troppe pretese, per merito di un cast capace di regalare ancora grandi soddisfazioni.
Dopo aver firmato il seguito del monicelliano I soliti ignoti (1958), Nanni Loy coglie il testimone passato dal regista fiorentino anche per la saga di Amici miei, dirigendo il terzo capitolo. Ormai Mascetti, Melandri, Sassaroli e Necchi hanno passato la sessantina e affrontano la vecchiaia ognuno a modo suo: c'è chi non si rassegna, chi la subisce, chi trae il giovamento dei propri successi e chi non vede l'ora di raggiungerla, eppure non rinunciano alle loro zingarate. Il risultato è, da un punto di vista registico, soddisfacente, ma la sceneggiatura non è all'altezza delle precedenti, nonostante sia scritta dagli stessi autori: alcuni scherzi funzionano e divertono, più per il merito dei personaggi che non per il gioco in sé, ma il problema si riscontra soprattutto nella struttura poco organica e pretestuosa. Si percepisce una stanchezza diffusa, data non tanto dalla tematica sull'anzianità, ma da un'ispirazione molto flebile, in cui manca lo spirito ironico e corrosivo dei lavori di Monicelli. Il risultato è comunque abbastanza piacevole, a costo di non avere troppe pretese, per merito di un cast capace di regalare ancora grandi soddisfazioni.