Il killer prezzolato Frank Jackson (Alain Delon) si reca in Messico, nel 1940, con l'obbiettivo di assassinare Leon Trotzky (Richard Burton) che, in esilio dall'Unione Sovietica, continua a fare politica e propaganda rivoluzionaria. Il lungo e difficile percorso di avvicinamento alla vittima designata lo porterà a conoscerla tanto da farlo esitare. Alla fine, però, riuscirà a svolgere il suo compito e, graziato su indicazione dello stesso vecchio statista morente, troverà nel suo atto criminale l'essenza delle sua stessa identità.

Tribolato film di Losey, tratto da una sceneggiatura francamente mediocre (Nicholas Mosley con l'aggiunta di Masolino D'Amico e Franco Solinas non accreditati) e appesantito dai sottointesi politici (compreso il presunto comunismo, con successivo auto-esilio, di cui fu accusato il regista), per il quale il “fidato” Dirk Bogarde rifiutò la parte del rivoluzionario al tramonto. Una scelta comprensibile, dal momento che la pellicola è fondamentalmente un monumento a Delon e al suo personaggio irrisolto e contraddittorio, che trova specchio delle sue inquietudini nel ritmo ondivago della storia. Il risultato non è privo di un certo fascino ipnotico e, nonostante le foto iniziali e la didascalia cerchino di rassicurare sulle basi storiche della vicenda, assomiglia di più a un sogno metaforico sul destino delle utopie che un apologo realistico. Fotografia di Pasqualino De Santis e musiche di Egisto Macchi.
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