Messaggero d'amore
The Go-Between
Premi Principali
Palma d'oro al Festival di Cannes 1971
Durata
118
Formato
Regista
Nella campagna dell'Inghilterra vittoriana, il giovane Leo Colston (Dominic Guard) diventa il messaggero nella corrispondenza d'amore che lega l'aristocratica (e ufficialmente fidanzata) Marian Maudsley (Julie Christie) a Ted (Alan Bates), figlio di agricoltori che abitano nelle vicinanze. La loro storia avrà un prevedibile esito, ma nondimeno Marian, diversi anni dopo, chiederà a un più maturo Leo (Michael Redgrave) di recapitare un'ultima missiva.
La terza (e conclusiva) collaborazione tra Losey e il drammaturgo Harold Pinter, autore della sceneggiatura sulla base del romanzo L'età incerta di L. P. Hartley, si configura come una pellicola di estrema eleganza e controllo, tanto nella messa in scena quanto nella perfetta (e calcolatissima) struttura narrativa. L'amaro disincanto con cui i protagonisti commentano le loro vicende (e guardano al passato come a una “terra straniera”) evita le trappole sia del feuilleton passionale quanto del racconto algido, benché a volte emerga un malcelato gusto calligrafico. L'occhio dell'autore sui rituali e le convenzioni della società a inizio Novecento è attento e spietato, ma la patina storica rende forse un poco più difficile l'immedesimazione e la riflessione sulla crudeltà di un mondo ormai defunto, cui il film tributa un'elegia impareggiabile, grazie anche alla splendida (e celebre) colonna sonora di Michel Legrand e alla maestria luministica di Gerry Fisher. Palma d'oro al Festival di Cannes.
La terza (e conclusiva) collaborazione tra Losey e il drammaturgo Harold Pinter, autore della sceneggiatura sulla base del romanzo L'età incerta di L. P. Hartley, si configura come una pellicola di estrema eleganza e controllo, tanto nella messa in scena quanto nella perfetta (e calcolatissima) struttura narrativa. L'amaro disincanto con cui i protagonisti commentano le loro vicende (e guardano al passato come a una “terra straniera”) evita le trappole sia del feuilleton passionale quanto del racconto algido, benché a volte emerga un malcelato gusto calligrafico. L'occhio dell'autore sui rituali e le convenzioni della società a inizio Novecento è attento e spietato, ma la patina storica rende forse un poco più difficile l'immedesimazione e la riflessione sulla crudeltà di un mondo ormai defunto, cui il film tributa un'elegia impareggiabile, grazie anche alla splendida (e celebre) colonna sonora di Michel Legrand e alla maestria luministica di Gerry Fisher. Palma d'oro al Festival di Cannes.