El bar
El bar
Durata
102
Formato
Regista
In un giorno come un altro, a Madrid, otto persone si ritrovano loro malgrado barricate all'interno di un bar che, senza un apparente motivo, viene tenuto sotto tiro da alcuni cecchini. In uno scenario grottesco, inizia un delirante scontro per la sopravvivenza all'interno delle mura del locale.
Lo spagnolo Ãlex de la Iglesia mette in scena un gioco al massacro che assume i tratti di una autentica discesa agli inferi, metaforica ma anche fisica, con i protagonisti che sprofondano sempre più verso un abisso senza ritorno. Ciascuno dei personaggi incarna una specifica tipologia di individuo contemporaneo (tra gli altri: l'ansiosa, il frustrato, l'hipster, il fanatico ridotto in miseria, la bella di turno) in un claustrofobico mix di mostruosità, macabro surrealismo e irriverente satira politica e religiosa. Dopo una prima parte, più coesa, giocata sullo studio delle reazioni di un gruppo di persone costrette a una forzata convivenza in una situazione di paura (dell'ignoto) e minaccia incombente (terrorismo, in primis), il film assume i tratti di una giostra impazzita e ogni barlume di "normalità" degenera irreparabilmente. Non mancano interessanti spunti sociologici d’attualità (la paranoia, il virus Ebola, il terrorismo) e alcuni momenti registicamente da ricordare (il piano-sequenza iniziale, immediatamente successivo a degli efficaci titoli di testa), mentre eccessivamente ridondante è la parte conclusiva, totalmente priva dei guizzi iniziali. Se si sta al gioco, a ogni modo, il divertimento kitsch dalle tinte orrorifiche rimane apprezzabile, considerando anche il non banale attraversamento di più generi cinematografici (black comedy, thriller, horror). Il regista spagnolo riesce a far convivere gusto per il B-movie e riferimenti più nobili, come quello a L'angelo sterminatore (1962) di Luis Buñuel, non sempre in maniera coesa, ma in ogni modo con una chiave abbastanza originale, Presentato fuori concorso alla Berlinale 2017.
Lo spagnolo Ãlex de la Iglesia mette in scena un gioco al massacro che assume i tratti di una autentica discesa agli inferi, metaforica ma anche fisica, con i protagonisti che sprofondano sempre più verso un abisso senza ritorno. Ciascuno dei personaggi incarna una specifica tipologia di individuo contemporaneo (tra gli altri: l'ansiosa, il frustrato, l'hipster, il fanatico ridotto in miseria, la bella di turno) in un claustrofobico mix di mostruosità, macabro surrealismo e irriverente satira politica e religiosa. Dopo una prima parte, più coesa, giocata sullo studio delle reazioni di un gruppo di persone costrette a una forzata convivenza in una situazione di paura (dell'ignoto) e minaccia incombente (terrorismo, in primis), il film assume i tratti di una giostra impazzita e ogni barlume di "normalità" degenera irreparabilmente. Non mancano interessanti spunti sociologici d’attualità (la paranoia, il virus Ebola, il terrorismo) e alcuni momenti registicamente da ricordare (il piano-sequenza iniziale, immediatamente successivo a degli efficaci titoli di testa), mentre eccessivamente ridondante è la parte conclusiva, totalmente priva dei guizzi iniziali. Se si sta al gioco, a ogni modo, il divertimento kitsch dalle tinte orrorifiche rimane apprezzabile, considerando anche il non banale attraversamento di più generi cinematografici (black comedy, thriller, horror). Il regista spagnolo riesce a far convivere gusto per il B-movie e riferimenti più nobili, come quello a L'angelo sterminatore (1962) di Luis Buñuel, non sempre in maniera coesa, ma in ogni modo con una chiave abbastanza originale, Presentato fuori concorso alla Berlinale 2017.