Una viaggiatrice a Seoul

Iris (Isabelle Huppert), una misteriosa donna occidentale, propone a un gruppo di facoltosi coreani delle lezioni di francese molto originali: niente grammatica o conversazione (che avviene in inglese), ma brevi frasi poetiche, a metà tra introspezione e psicologia, prima scritte a mano, poi registrate per essere riascoltate più volte. La donna beve grandi quantità di makgeolli, un tradizionale vino di riso fermentato, e vive con un giovane artista con il quale intrattiene un rapporto decisamente ambiguo. 

Il trentunesimo lungometraggio di Hong Sang-soo è dominato dalla presenza dirompente di Isabelle Huppert, alla sua terza collaborazione con il regista: un personaggio solitario, sognante e spaesato che si aggira tra le strade e i parchi di Seul, alla ricerca del contatto con la natura (acqua, rocce, alberi) o suonando un flauto su una panchina. Ma è anche una figura capace di mettere in discussione le convenzioni della società coreana, bevendo alcolici da sola e convivendo con un uomo molto più giovane, suscitando lo stupore e l’indignazione della madre di lui che finirà per porsi le domande di tutti gli spettatori: chi è questa donna, da dove viene, cosa ci fa in Corea da sola? L’arte assume un ruolo centrale nel film, così come il linguaggio. Le consuete ripetizioni e variazioni, che scandiscono l’intera struttura dell’opera di Hong Sang-soo, assumono qui un tono particolarmente poetico, riscontrabile nei dialoghi, ma soprattutto nella presenza di tre componimenti incisi su rocce che segnano la conclusione di ciascuno degli episodi in cui il film è suddiviso. Qualche passaggio davvero scolastico limita il coinvolgimento, ma gli spunti su cui riflettere non mancano. Presentato al Festival di Berlino 2024, dove il regista ha vinto l’ennesimo Orso d’argento della sua carriera.