Cecilia (Clio Goldsmith), borghese inquieta, incontra l'ambiguo Vittorio (Vittorio Mezzogiorno) e se ne innamora follemente, arrivando a lasciare per lui marito e figlio. Il passato oscuro dell'uomo, vicino agli ambienti del terrorismo, darà vita a un rapporto morboso, destinato a concludersi in tragedia.

Presentato in concorso alla Mostra di Venezia, La caduta degli angeli ribelli testimonia la passione di Marco Tullio Giordana per la politica, in questo caso ambiguamente contaminata a una storia di insana passione. Il tratteggio scomoda elementi artistici importanti: dalla visione pittorica di angeli che si ribellarono a Dio, intravediamo sprazzi di una generazione armata e disperata, tesa a un bisogno estremo di cambiare lo stato delle cose. Diverse citazioni (Luchino Visconti, Bernardo Bertolucci) in questa visione di un Paese alla deriva, sviluppate però in maniera un po' troppo melodrammatica e appesantite da una sceneggiatura (firmata dallo stesso regista con la collaborazione di Vincenzo Caretti e Mario Gallo) poco solida: la narrazione risulta incentrata sugli aspetti interiori e sulle motivazioni psicologiche dei protagonisti, sminuendo gli aspetti essenziali del fenomeno politico. Onesto e sentito, ma eccessivamente barocco e con un finale prevedibile. Splendida, in ogni caso, Alida Valli (nel ruolo di Bettina), vincitrice di un David di Donatello come migliore attrice non protagonista.
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