Storia di una capinera
Durata
106
Formato
Regista
Catania, 1854. Orfana di madre e costretta dal padre (John Castle) a prendere i voti, la timida novizia Maria (Angela Bettis), a causa di un'epidemia di colera, lascia temporaneamente il convento per trasferirsi in campagna con la nuova famiglia del padre, risposato a un'altra donna (Sinéad Cusack). Qui incontra Nino (Jonathon Scaech), avvocato promesso alla sorellastra (Mia Fothergill) della ragazza, e se ne innamora fino alla follia.
Tratto dal romanzo epistolare – di straordinario successo – firmato da Giovanni Verga negli anni Sessanta dell'Ottocento, è il terzo film (dopo quelli del 1917 e del 1943) ispirato alla infelice vicenda della novizia Maria. Zeffirelli è un regista che nel pathos sguazza felice; qui, però, è tutto troppo appassionato. Il cineasta fiorentino perde subito il controllo del mezzo e dell'opera, addolcendone l'originario e tragico finale, e concedendosi a un'estasi morbosa e di doloroso erotismo. Già il romanzo non era tra i migliori di Verga – nonostante un appeal ancora oggi indiscutibile – e Zeffirelli non è nemmeno in grado di restituirne l'empito lirico. Orchestra, al solito, un buon cast (Redgrave, Cusack, Cortese, l'esordiente Bettis) affibbiandogli in compenso un film pomposo, laccato e spesso involontariamente ridicolo. Il regista ama Catania – città in cui ha ricoperto la carica di senatore – e le rende un bel servizio tecnico, illustrando la città e la campagna ai piedi del vulcano Etna nella loro vibrante bellezza, ma il cinema non c'è. David di Donatello e Nastro d'Argento ai costumi di Piero Tosi.
Tratto dal romanzo epistolare – di straordinario successo – firmato da Giovanni Verga negli anni Sessanta dell'Ottocento, è il terzo film (dopo quelli del 1917 e del 1943) ispirato alla infelice vicenda della novizia Maria. Zeffirelli è un regista che nel pathos sguazza felice; qui, però, è tutto troppo appassionato. Il cineasta fiorentino perde subito il controllo del mezzo e dell'opera, addolcendone l'originario e tragico finale, e concedendosi a un'estasi morbosa e di doloroso erotismo. Già il romanzo non era tra i migliori di Verga – nonostante un appeal ancora oggi indiscutibile – e Zeffirelli non è nemmeno in grado di restituirne l'empito lirico. Orchestra, al solito, un buon cast (Redgrave, Cusack, Cortese, l'esordiente Bettis) affibbiandogli in compenso un film pomposo, laccato e spesso involontariamente ridicolo. Il regista ama Catania – città in cui ha ricoperto la carica di senatore – e le rende un bel servizio tecnico, illustrando la città e la campagna ai piedi del vulcano Etna nella loro vibrante bellezza, ma il cinema non c'è. David di Donatello e Nastro d'Argento ai costumi di Piero Tosi.