Roma. Durante alcuni scontri tra poliziotti e studenti, muoiono un agente e un giovane universitario. Le parti in causa sono sul piede di guerra: nel corso delle indagini viene arrestato il giovane Massimo (Luigi Diberti), ma nella vicenda è coinvolto anche Fabio Sola (Massimo Ranieri), figlio del giudice (Martin Balsam) che sta conducendo le indagini.

Dopo Metello (1970) e Bubù (1971), Mauro Bolognini cambia passo filmico e si inserisce in un genere di moda degli anni Settanta, il poliziesco investigativo, per lui inedito. Ne esce un film significativo per l'epoca (a pochi anni dagli “scontri di Valle Giulia”), con una sceneggiatura (firmata da Ugo Pirro e Ugo Liberatore) che ruota sul conflitto tra studenti e poliziotti, metafora di uno scontro generazionale tanto temuto quanto inevitabile. Ma la riflessione critica sul valore della giustizia (operazione scelta, in quegli anni, da molti autori: basti pensare a Elio Petri e Giuliano Montaldo) appare forzata e pretenziosa e il film finisce per collassare su se stesso, risultando approssimativo e amorfo. Interpretazioni svolgiate, con un Massimo Ranieri assai meno incisivo rispetto alle prove precedenti con Bolognini. Valentina Cortese è Luisa, Turi Ferro è il commissario Malacarne. Musiche di Ennio Morricone.
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