Decalogo, 8 – Non dire falsa testimonianza
Dekalog, osiem
Durata
56
Formato
Regista
Zofia (Maria KoÅ›ciaÅ‚kowska), professoressa di Etica, acconsente che Elżbieta (Teresa Marczewska), traduttrice delle sue opere, assista a una sua lezione, durante la quale racconta di quando una coppia di cattolici rifiutò, in piena guerra, di dare aiuto a una bambina ebrea per non commettere falsa testimonianza. La bambina è la stessa Elżbieta, mentre la donna che rifiutò di aiutarla è proprio Zofia.
Ottavo episodio del Decalogo. Film a carattere spiccatamente metalinguistico, ove la prima parte – la lezione di etica – non fa che riprodurre, simbolicamente, l'ideale post visione di ogni titolo del Decalogo, ossia il dibattito morale-religioso guidato dal giudice-spettatore di ogni vicenda (viene infatti raccontata la trama di Decalogo, 2, come spunto di dibattito da parte di una studentessa). L'universalità del progetto e l'intersecazione di ogni episodio l'uno nell'altro (i protagonisti abitano tutti nello stesso palazzo e/o quartiere, e si incrociano di episodio in episodio) viene ribadita dal paradosso che, sia la studentessa che l'insegnante, conoscono i protagonisti della vicenda, ma non sono di sicuro gli stessi, come apostrofa la professoressa. Sul piano dell'incertezza morale che fa da perno al film (il non dover mentire di fronte a Dio anche per salvare la vita a una bambina), viene risolta subito sul piano della lettera biblica, ma complicata sul piano etico con l'aut-aut tra la bambina e la rete partigiana di cui Zofia faceva parte: la rivelazione, però, riavvicina le due donne, che trovano un rapporto materno che, paradossalmente, proprio quella bugia ha favorito a distanza di decenni. Film meno problematico di altri, ma decisivo sul piano della comprensione del progetto Decalogo, e fine esempio di opera-elaborazione sull'orrore della guerra e delle colpe polacche durante la dominazione nazista.
Ottavo episodio del Decalogo. Film a carattere spiccatamente metalinguistico, ove la prima parte – la lezione di etica – non fa che riprodurre, simbolicamente, l'ideale post visione di ogni titolo del Decalogo, ossia il dibattito morale-religioso guidato dal giudice-spettatore di ogni vicenda (viene infatti raccontata la trama di Decalogo, 2, come spunto di dibattito da parte di una studentessa). L'universalità del progetto e l'intersecazione di ogni episodio l'uno nell'altro (i protagonisti abitano tutti nello stesso palazzo e/o quartiere, e si incrociano di episodio in episodio) viene ribadita dal paradosso che, sia la studentessa che l'insegnante, conoscono i protagonisti della vicenda, ma non sono di sicuro gli stessi, come apostrofa la professoressa. Sul piano dell'incertezza morale che fa da perno al film (il non dover mentire di fronte a Dio anche per salvare la vita a una bambina), viene risolta subito sul piano della lettera biblica, ma complicata sul piano etico con l'aut-aut tra la bambina e la rete partigiana di cui Zofia faceva parte: la rivelazione, però, riavvicina le due donne, che trovano un rapporto materno che, paradossalmente, proprio quella bugia ha favorito a distanza di decenni. Film meno problematico di altri, ma decisivo sul piano della comprensione del progetto Decalogo, e fine esempio di opera-elaborazione sull'orrore della guerra e delle colpe polacche durante la dominazione nazista.