Enter the Void
Enter the Void
Durata
161
Formato
Regista
Oscar (Nathaniel Brown), spacciatore, e sua sorella Linda (Paz de la Huerta), spogliarellista, vivono a Tokyo da pochi mesi. Una notte, mentre sta vendendo della droga in un locale, l'uomo rimane ucciso da uno sparo: il suo spirito, staccatosi dal corpo, inizia a vagare per la città e a ripercorrere le tappe della propria vita.
Dopo lo scandalo (economicamente molto fruttuoso) di Irréversible (2002), Gaspar Noé realizza il film che da sempre sognava di fare, avendo a disposizione un budget notevole e la totale libertà artistica. Enter the Void è un'opera discussa e discutibile, che fonde virtuosismo e ambizione filosofica in un amplesso psichedelico quantomeno curioso. Attraverso l'escamotage dello spirito del protagonista che ripercorre a ritroso il proprio passato (e finisce per reincarnarsi), il regista cerca di cogliere il senso ultimo della vita, del tempo e dell'amore, mostrando contemporaneamente gli aspetti più rivoltanti della tossicodipendenza e della prostituzione dei giorni nostri. Il risultato, tuttavia, pur essendo visivamente suggestivo, risulta, contenutisticamente, un festival dell'ovvio e delle banalità: Noé dimostra di non avere la sensibilità e la preparazione intellettuale necessarie per sviscerare in modo persuasivo e profondo tematiche di tale portata. A zavorrare ulteriormente il film, la naturale inclinazione autoriale alla provocazione superflua e sensazionalistica (la soggettiva interna a una vagina durante un rapporto sessuale), che fa scivolare l'opera dentro gli abissi del trash e del patetico. La prolissità e la ridondanza narrativa, inoltre, non aiutano. Presentato in concorso al Festival di Cannes.
Dopo lo scandalo (economicamente molto fruttuoso) di Irréversible (2002), Gaspar Noé realizza il film che da sempre sognava di fare, avendo a disposizione un budget notevole e la totale libertà artistica. Enter the Void è un'opera discussa e discutibile, che fonde virtuosismo e ambizione filosofica in un amplesso psichedelico quantomeno curioso. Attraverso l'escamotage dello spirito del protagonista che ripercorre a ritroso il proprio passato (e finisce per reincarnarsi), il regista cerca di cogliere il senso ultimo della vita, del tempo e dell'amore, mostrando contemporaneamente gli aspetti più rivoltanti della tossicodipendenza e della prostituzione dei giorni nostri. Il risultato, tuttavia, pur essendo visivamente suggestivo, risulta, contenutisticamente, un festival dell'ovvio e delle banalità: Noé dimostra di non avere la sensibilità e la preparazione intellettuale necessarie per sviscerare in modo persuasivo e profondo tematiche di tale portata. A zavorrare ulteriormente il film, la naturale inclinazione autoriale alla provocazione superflua e sensazionalistica (la soggettiva interna a una vagina durante un rapporto sessuale), che fa scivolare l'opera dentro gli abissi del trash e del patetico. La prolissità e la ridondanza narrativa, inoltre, non aiutano. Presentato in concorso al Festival di Cannes.