La direttrice di un carcere femminile (Barbara Steele) incute timore alle detenute col suo sadismo esasperato, utilizzato come strumento di controllo repressivo. A seguito di un'evasione, però, gli equilibri della struttura verranno messi a dura prova.

L'esordio di Jonathan Demme è uno sconquassato prison-movie tutto al femminile in cui è macroscopica la paternità artistica esercitata dalla factory di Roger Corman, affettuosamente ingerente coi suoi dettami obbligati (i nudi di donna che dovevano sopraggiungere puntuali per contratto). Il risultato non è certo memorabile ma, viste le premesse, il fascino malato della storia e il futuro successo del regista non poteva che risultare, col tempo, un film oggetto di una piccola, sordida ma non indifferente venerazione. Demme vi palesò senza troppe mezze misure quell'originalità e spontaneità creativa un po' fuori di testa che è marchio di fabbrica indiscusso dei suoi esordi; non mancano, tuttavia, i momenti in cui la grezza sincerità va a braccetto con la soluzione greve e tagliata con l'accetta. Complessivamente un film che, rivisto oggi, fa quasi tenerezza, e forse è giusto (e anche inevitabile) che sia così. Musica di John Cale, ex membro dei Velvet Underground.
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