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Giovani si diventa
While We're Young
Durata
97
Formato
Regista
Un documentarista di mezza età, Josh (Ben Stiller), è alle prese col travagliato montaggio di un fluviale progetto sul quale lavora da quasi un decennio. Quando insieme alla sua compagna Cornelia (Naomi Watts), con la quale non ha più un rapporto entusiasmante come un tempo, incontra una coppia di giovani hipster esuberanti e volitivi, Jamie (Adam Driver) e Darby (Amanda Seyfried), Josh crede di trovare nuova linfa per le sue ambizioni artistiche e professionali.
Noah Baumbach, dopo aver immortalato la nuova gioventù americana in Frances Ha (2012), sposta la sua attenzione su un confronto generazionale tra due coppie per condurre una riflessione sul rapporto tra vecchio e nuovo in un momento storico in cui i confini, anche etici, insiti nel parlare d'arte e nel fare cinema sono inevitabilmente soggetti all'assalto delle nuove prassi del digitale, giovani e vitali ma spesso voraci e irrispettose. Attraverso un brillante gioco dei caratteri e una precisa volontà di riflettere in maniera metatestuale sulla Settima arte e la relazione tra cinema del reale e la verità del cinema, Baumbach orchestra una funambolica commedia venata di suggestioni urbane, intellettuali e anche affettive, che cattura le vacue ambizioni di una generazione di artistoidi pretenziosi e discutibili, nella quale non si salva nessuno, né i più giovani né i più stagionati, come due facce di un'unica medaglia, simbolo di una contemporaneità in caduta libera. Il film, tuttavia, pur avendo una spina dorsale solida che regala momenti notevoli per ritmo, pregnanza e forza dialettica (il pepato prefinale dal sapore di rendez-vous e il finale ironico ma non troppo) non è esente da molti passaggi furbetti e strumentali, pienamente nello stile di un autore che ammicca continuamente allo spettatore.
Noah Baumbach, dopo aver immortalato la nuova gioventù americana in Frances Ha (2012), sposta la sua attenzione su un confronto generazionale tra due coppie per condurre una riflessione sul rapporto tra vecchio e nuovo in un momento storico in cui i confini, anche etici, insiti nel parlare d'arte e nel fare cinema sono inevitabilmente soggetti all'assalto delle nuove prassi del digitale, giovani e vitali ma spesso voraci e irrispettose. Attraverso un brillante gioco dei caratteri e una precisa volontà di riflettere in maniera metatestuale sulla Settima arte e la relazione tra cinema del reale e la verità del cinema, Baumbach orchestra una funambolica commedia venata di suggestioni urbane, intellettuali e anche affettive, che cattura le vacue ambizioni di una generazione di artistoidi pretenziosi e discutibili, nella quale non si salva nessuno, né i più giovani né i più stagionati, come due facce di un'unica medaglia, simbolo di una contemporaneità in caduta libera. Il film, tuttavia, pur avendo una spina dorsale solida che regala momenti notevoli per ritmo, pregnanza e forza dialettica (il pepato prefinale dal sapore di rendez-vous e il finale ironico ma non troppo) non è esente da molti passaggi furbetti e strumentali, pienamente nello stile di un autore che ammicca continuamente allo spettatore.
