Mistress America

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84

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Regista

Brooke (Greta Gerwig), ragazza libera, spregiudicata e avventurosa, decide di prendere sotto la sua ala protettrice la più giovane Tracy Fishko (Lola Kirke), appena sbarcata a New York, che sta per diventare la sua sorellastra e non ha ancora tratto dalla vita e dal glam newyorkese l’impatto positivo e l'energia sperati.

Cantore e portavoce della generazione hip, Noah Baumbach, dopo il lucidissimo e perfino spietato Giovani si diventa (2014), realizza quasi in contemporanea un altro film dalle ambizioni molto simili, con protagonista la musa e compagna di vita Greta Gerwig. Puntando su una confezione riflessiva, tagliente e nevrotica ma senza la patina retrò e alienante di Frances Ha (2012), Baumbach mette a fuoco e fa saettare l’uno contro l’altro due diversi sguardi femminili su una generazione schiacciata dal feroce disincanto di sogni sfuggenti e dolorosi e di ansie da prestazione all’epoca della visibilità e della socialità di massa: elementi i quali, se gonfiati da un contesto sociale e individuale, possono generare mostri simili al personaggio della Gerwig, mai così sgradevole, verbosa, pedante e insieme respingente. Il regista di Brooklyn la elegge, fin dal titolo, a totem e a bersaglio massimo della narrazione, anche se di fatto il punto di vista centrale su cui soffermarsi è quello della futura sorellastra Tracy, che dalla volubile fumosità e iperattività di Brooke trae ispirazione per uscire da una palude creativa e personale, salvo poi ricrollare sotto il peso della realtà e del bisogno di trovare sempre e comunque un colpevole da stigmatizzare, non importa nemmeno chi e quale: una contingenza propria della contemporaneità, che nessun idealistico sogno artistico-letterario è in grado di evitare. Baumbach non rinuncia a leziosità e fastidiosetti compiacimenti propri del suo cinema (spesso a rischio ombelicalità), ma si conferma in una fase ispirata della sua carriera, portata avanti attraverso film più cinici, amari e claustrofobici di ciò che l’imbellettamento del suo stile vorrebbe suggerire. Notevole il finale, in cui si demistificano le ipocrisie di tutte le parti in causa. Gustosa citazione letteraria: il decalogo di domande “scomode" ai danni di Tracy, curiosamente, ricorda molto da vicino la lista di quesiti ai quali veniva sottoposto dalle autorità ebraiche delle sua vecchia scuola il protagonista/alter ego Nathan Zuckerman nel romanzo Lo scrittore fantasma di Philip Roth. Colonna sonora, al contempo martellante, soffusa e malinconica, di Dean Wareham e Britta Phillips. Passato in Italia alla Festa del Cinema di Roma.
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